“Non Vuol Dire Dimenticare” – Riccardo Schiroli si Racconta

Amici del Bosco, Buongiorno!

Quest’oggi diamo spazio alla Dark Zone che ci propone un romanzo interessante e nuovo.. scopriremo oggi sia la storia che la brillante capacità espressiva di Riccardo Schiroli, autore del romanzo Non Vuol Dire Dimenticare..

Pronti? Via!!

NON VUOL DIRE DIMENTICARE

di Riccardo Schiroli

Ed. SoldiershopDimensione: 618 kb | Prezzo: 2.99 €

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Siamo nel 1989 e, con un volo Linate-Zagabria, inizia un viaggio negli Stati Uniti. Per il protagonista, che è l’io narrante di un romanzo scritto in prima persona, si tratta di un momento epocale. Va in un paese che ha conosciuto prevalentemente attraverso i  libri e  il cinema e lo fa per inseguire un sogno d’amore nel quale non è certo di credere. Va solo: il suo mondo si è dissolto e cerca di costruirsene uno nuovo. E’ in compagnia delle sue canzoni, che lo aiutano a convivere con gli stati d’animo. Ma a poco a poco, finirà con il dover mettere i piedi per terra.

Il sogno d’amore non si rivelerà qualcosa in cui credere, ma nella California del sud e a New York City, inizierà la dolorosa transizione verso una fase nuova della vita.

Perché penso che sia da pubblicare? Sono convinto di essere riuscito a ottenere un linguaggio che rappresenta moltissimo le persone come me: che vengono da una educazione cattolica un po’ invasiva, che sono cresciute abbastanza privilegiate, che non hanno mai fatto troppa fatica a scuola. Anche perché il protagonista si è lasciato alle spalle i privilegi e si trova a farsi largo da solo e un po’ disorientato.

Credo anche che il romanzo rappresenti bene l’impatto che gli Stati Uniti potevano avere su un europeo del 1989. Descrivendo un mondo nel quale ancora non c’è internet e il protagonista può stupirsi delle centinaia di canali via cavo che vede grazie al televisore del Motel, penso sia anche interessante notare come non sia poi vero che i ventenni degli anni ’80 erano così diversi da quelli del terzo millennio.

– ESTRATTI – 

«Mi sono imbarcato a Zagabria per gli Stati Uniti. 

Il mio viaggio è iniziato il sette di agosto, una giornata plumbea come si pensa che una giornata di agosto non sarà mai.

Diverso è stato il giorno precedente, luminoso e bellissimo.

Il giorno prima di partire sono sceso in piazza e mi sono voltato a guardare quel che resta della popolazione di bionde ossigenate della mia città. Il sei di agosto sono quasi tutte in vacanza, però qualcuna ancora c’è ed è sempre un bel vedere.

Il giorno prima di partire ho incontrato la Loredana. Alta, slanciata e bionda, la Loredana è la dimostrazione che una definizione imprecisa e generica è quasi sempre un peccato mortale; lo è, perché una ragazza alta, slanciata e bionda deve essere per forza una specie di miracolo, cosa che lei non è per niente. E’ simpatica però e ha appena compiuto diciotto anni, che sono un po’ meno dei miei ma nemmeno troppo pochi. Considerate le attuali condizioni della mia vita sentimentale, potrei farci un pensierino alla Loredana.

Mi ha fermato dove la piazza si apre in una strada pedonale. Io che guidavo uno splendido Bravo, lei con i libri di scuola il sei di agosto: roba da matti.

La Loredana gioca a softball, uno sport che in sostanza non esiste. La Gazzetta dello Sport pubblica i risultati il martedì e quasi tutte le partite si giocano al sabato.

Il softball è uno sport che non esiste, ma è il motivo per cui io, il sette di agosto a  Zagabria, mi sono imbarcato per gli Stati Uniti. Questo sport che in Italia praticamente non esiste, in America è famoso e ben praticato, soprattutto dalle donne.

Io l’anno scorso ho conosciuto una giocatrice di softball che in Italia è venuta a passare quattro mesi, prendere un po’ di soldi e a conoscere me. Un minuto dopo che l’avevo conosciuta già mi parlava di andarla a trovare negli Stati Uniti e in fondo un viaggio negli Stati Uniti valeva la pena di farlo, indipendentemente da lei.»

«Il 25 febbraio dell’anno scorso non era neanche male come giornata. Da studente asino ma non troppo mi ero svegliato moderatamente tardi. Non avevo studiato. Mollemente avevo percorso i 100 metri in linea d’aria che separavano casa mia da quello che pochi giorni dopo sarebbe diventato il mio posto di lavoro. Avevo quell’intontimento classico che viene al risveglio da un sonno poco soddisfacente. Una parte della mia vita stava finendo e io perdevo tempo dando occhiate distratte ai negozi.

– Neanche oggi il papà è andato a lavorare- Lo aveva detto mia sorella prima che uscissi e non me ne era fregato troppo. Ero tornato a casa alle due del pomeriggio e mi ero sentito raffreddato. Mi ero steso sul letto con in mano nientemeno che ‘L’età della ragione’ di Sartre, un libro che stavo tentando inutilmente di finire da quasi un mese. 

Rivivo la scena:  suona il telefono, sono le cinque, minuto più minuto meno. Con i pantaloni a mezza gamba mi alzo e rispondo: – Pronto, Riccardo. Sono Adriano. Il papà è qui, è caduto. Penso che sia già morto-

Resto calmo. E’ febbraio ma c’è caldo, tanto che mi infilo il cappotto senza abbottonarlo; mi butto in strada e mi viene da cantare “sì, la vita è tutta un quiz”. Rivedo mio padre in terra, ormai bianco, come una bambola rotta. Provo a rianimarlo ma ha una ferita alla pancia che è terribile. Grido, e mi sembra di entrare in un album delle foto.

E’ arrivato il medico legale, quel giorno e sono arrivati i poliziotti. Il mio medico di famiglia ha detto solo “che brut lavor”. Si è fatto buio, all’improvviso e quando sono arrivato c’era il sole. Cosa vuol dire? Un cazzo, solo che è arrivato il tramonto.

E’ stato l’ultimo giorno di vita di mio padre. »

– LASCIAMO LA PAROLA ALL’AUTORE –

Perché un lettore dovrebbe leggere il tuo libro? 

Soprattutto perché è una lettura piacevole. Sono convinto di essere riuscito a ottenere un linguaggio che rappresenta moltissimo le persone come me: che vengono da una educazione cattolica un po’ invasiva, che sono cresciute abbastanza privilegiate, che non hanno mai fatto troppa fatica a scuola. Anche perché il protagonista si è lasciato alle spalle i privilegi e si trova a farsi largo da solo e un po’ disorientato.

Credo anche che il romanzo rappresenti bene l’impatto che gli Stati Uniti potevano avere su un europeo del 1989. Descrivendo un mondo nel quale ancora non c’è internet e il protagonista può stupirsi delle centinaia di canali via cavo che vede grazie al televisore del Motel, penso sia anche interessante notare come non sia poi vero che i ventenni degli anni ’80 erano così diversi da quelli del terzo millennio

Che cosa c’è di innovativo e quali sono gli elementi di continuità con il genere o con la tradizione?

Innovare non è il mio scopo. Anzi, a me piace scrivere qualcosa che tutti possano leggere e che scorra agile. Diciamo che io sono sempre stato attirato dal viaggiare. E’ qualcosa al quale i miei genitori mi hanno abituato da bambino e che ho fatto e continuerò a fare fin quando potrò. Dei miei viaggi ho sempre tenuto diari. Quindi in qualche modo posso essere influenzato dalla letteratura di viaggio. 

Che cosa ti ha spinto a scrivere?

Io scrivo da sempre. Mi è sempre piaciuto raccontare storie. Per me, raccontare significa spesso prendere la realtà e fare gli aggiustamenti che mi servono per farne un racconto che possa interessare. 

Da che cosa è nata la storia? Quali sono state le fonti di ispirazione?

Come ho detto, io tengo sempre un diario dei miei viaggi. Nel caso specifico del mio primo viaggio negli Stati Uniti mi sono reso conto che la cronologia degli eventi offriva una bella impalcatura. Sono partito per ricopiare i miei appunti in bella, ma ci ho preso gusto e sono passato a fare gli aggiustamenti che secondo me rendevano il racconto più interessante per un lettore qualsiasi. Poi mi sono reso conto che non è che mi fosse poi successo tanto e ho iniziato a inventare qualcosa. Quindi ho pensato di dover contestualizzare un po’ di più, per valorizzare l’ambientazione, e ci ho rimesso le mani.


Quando scrivi? E come? in modo organizzato e continuo o improvviso, discontinuo?

Quando mi metto a scrivere ho un piano ben preciso e la prima stesura non mi porta via molto tempo. Prendo moltissimi appunti (prevalentemente a mano, su vecchie agende…il fatto che le banche non regalino più le agende quotidiane, è stato un colpo duro ai miei budget, perché mi sono messo a comprare i quaderni Moleskine…) ed è da lì che parto. Poi c’è il lavoro di ricerca, che oggi è abbastanza divertente grazie a Google e Wikipedia, ma rischia anche di essere abbastanza dispersivo. Poi butto giù la struttura a biro e quindi inizio a scrivere al computer. L’unica fonte di frustrazione dello scrivere deriva dal fatto che non sei mai contento della prima stesura. E dopo tutta la fatica che hai fatto, ti piacerebbe tanto…

Quali strategie hai adottato per promuovere il tuo libro e che tipo di strumenti hai usato – e usi- per proporlo all’attenzione dei tuoi potenziali lettori?

E’ stato un brusco risveglio. Ero convinto di ottenere una visibilità maggiore con il mio blog e i post sui social media attraverso i miei profili. Il risveglio è stato brusco quando ho capito che chi mi segue abitualmente si aspetta di vedermi cimentare con lo sport e il baseball in particolare, visto che è quello che faccio professionalmente e mi dà visibilità. Umilmente, ho chiesto aiuto per ampliare i miei orizzonti.

Credi al self publishing?

Il mio blog è, di fatto, self publishing. Questo mi consente di occuparmi di argomenti che mi stanno a cuore senza intermediazioni e anche di pubblicare qualche racconto che mi esce estemporaneo. Ma per il romanzo ho cercato un editore. Sono convinto infatti che il primo giudizio di valore su un lavoro arrivi dall’approvazione di chi pubblica professionalmente. Certo, per il momento “Non vuol dire dimenticare” è solo un e-book. Ho ricevuto diverse proposte per pubblicare partecipando alle spese, ma è una formula alla quale non credo. Devo essere rimasto traumatizzato leggendo “Il pendolo di Foucalt” di Umberto Eco…

Progetti per il futuro?

Sono pronto a iniziare a scrivere il mio secondo romanzo, che ha il titolo provvisorio “La variabile C”. E poi accarezzo un sogno da tempo, quello di raccontare la mia passione per gli animali: da dove nasce e come si è concretizzata nelle mie osservazioni in natura. Anche qui ho un titolo provvisorio: “Le mie bestie”. Ma mi dicono che editori interessati si farebbe fatica a trovarne…per ora, quindi, mi sono limitato a pubblicare stralci e bozze sul mio blog.

Tre persone da ringraziare

Stelio Rizzo, storico direttore del giornale di fumetti Lanciostory, è stato il primo a incoraggiarmi a scrivere fiction. Ricordo come se fosse oggi la sua telefonata a casa dopo che avevo mandato spunti per soggetti alla redazione. Aveva un tono burbero, ma paterno. Mi disse: “Voi che avete il dono di scrivere, prima vi rendete conto che farlo per hobby non è come farlo per mestiere e meglio è”. Poi ci sono i miei genitori Arnaldo e Mirella: mi hanno sempre incoraggiato a leggere. Difficile diventare scrittore (o, come dice Paolo Nori, “uno che scrive dei libri”, che è più appropriato…), se non sei stato un lettore

– L’AUTORE – 


Riccardo Schiroli è nato a Parma nel 1963. Giornalista professionista e poliglotta (parla correttamente Inglese e Tedesco, comunica in Francese e Spagnolo), è entrato nel mondo della comunicazione come conseguenza dei suoi studi di Economia. Una volta Amministratore Unico della Comunicazioni Parmensi s.r.l., sulla fine degli anni ’80 si è dimesso dall’incarico e ha deciso di seguire la sua vocazione,  cercando di percorrere la strada del giornalismo. Prima di ottenere l’accesso all’esame di Stato per l’esercizio della professione, ha fatto in tempo a diventare responsabile dell’informazione di Radio Onda Emilia (novembre 1990) e poi (agosto 1996) responsabile del Telegiornale di Teleducato a Parma. Una volta professionista (2000) ha assunto la direzione di Teleducato Piacenza.

Nel 2001 ha scoperto internet e portato avanti i progetti dei siti Baseball.it (fino a fine anno) e Sportal.it (fino all’autunno del 2003). Dal 2002 ha iniziato una collaborazione con l’Ufficio Stampa della Federazione Baseball, della quale è Responsabile della Comunicazione dal gennaio del 2004.

Ha collaborato con i quotidiani La Gazzetta di Parma, La Tribuna di Parma e L’Unità in Italia. Con il periodico Baseball America e il sito MLB.com negli Stati Uniti. In rete trovate il suo blog www.riccardoschiroli.com.

“Non vuol dire dimenticare” è il suo primo romanzo. Nonostante il tono della narrazione in prima persona, non è necessariamente un lavoro autobiografico. 

Ringrazio Riccardo Schiroli che è passato dalle radure del Bosco e Francesca Pace che mi ha proposto la possibilità di ospitare l’autore sul mio spazio web: vi auguro una splendida giornata e a presto!!

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