I figli di Danu: Il Richiamo e La Confraternita, di Melissa Pratelli [Recensione]

Salve
a tutti lettori e benvenuti a questa nuova recensione. 

Oggi vi voglio parlare
di ben due libri fantasy ovvero “I Figli di Danu: Il richiamo” e “I figli di
Danu: La confraternita”
, due romanzi di Melissa Pratelli ambedue autoprodotti
dall’autrice. 

Prima di iniziare a parlare dei due libri vorrei spiegare perché
della scelta di recensirli tutti e due assieme
: la prima cosa da considerare è
che sono tutti e due parte di una trilogia fantasy l’uno di seguito all’altro; oltre
ciò scrivendo la recensione del primo libro, notavo che mancava qualcosa per
spiegare al meglio le mie sensazioni riguardo i miei commenti sul libro,
sentivo che c’era bisogno di qualche aggiunta, e in questo mi ha aiutato il
secondo libro…Ma bando alle ciance e partiamo con la presentazione dei Figli di
Danu.

Titolo: I figli di Danu: Il Richiamo

Autore: Melissa Pratelli

Editore: Autoprodotto| Pagine 380

Genere: Urban- Fantasy – Anno di pubblicazione 2015

Penelope Lee Johnson è una ragazza di 16 anni che, a causa di una situazione familiare difficile e del suo desiderio di entrare ad Oxford, decide di trasferirsi in un piccolo paesino scozzese, dove si trova una delle scuole più prestigiose del Regno Unito. Lì, la giovane farà la conoscenza di tre ragazzi, i Macintyre, che appartengono ad una ricchissima e misteriosa famiglia di Edimburgo. Lee instaurerà un legame molto forte con loro, un legame che sembra avere del sovrannaturale e che la spinge ad indagare, al fine di scoprire qualcosa in più su quella famiglia piena di riserbo. La ragazza si ritroverà poi a dover affrontare una scioccante verità che riguarda i suoi amici, il cui segreto affonda le proprie radici in un lontano passato e del quale la stessa Lee sembra fare parte, mentre una minaccia ancora ignota incombe su di lei.

Titolo: I Figli di Danu: La Confraternita

Autore: Melissa Pratelli

Editore: Autoprodotto| Pagine:524

Genere: Urban- Fantasy – Anno di pubblicazione 2016

 Dopo aver sconfitto un nemico mortale e aver rinunciato alle persone che amava per salvarle, Penelope Lee Johnson si prepara a tornare a scuola per il suo secondo anno alla S. George.
Lee non è un’adolescente come le altre: ha scoperto infatti di essere una Figlia di Danu, discendente di una stirpe di dei Celti dotati di poteri magici.
Con l’aiuto di un gruppo di ragazzi come lei, Lee cercherà di imparare a padroneggiare il proprio potere e di trovare la sua vera identità mentre tenta disperatamente di reprimere i propri sentimenti per il ragazzo che ama e che non ricorda più chi lei sia.
Intanto, una nuova minaccia incombe sui giovani maghi, sconosciuta e infida, che metterà a rischio l’incolumità di vecchi e nuovi amici.
Tornano i giovani protagonisti de “I Figli di Danu” nel secondo emozionante capitolo della saga.

L’ho letto cosa ne penso?

Devo
dire che questi due libri mi hanno colpito per diversi motivi; positivi ma
anche negativi; ho trovato nella storia e nella costruzione della trama molte
cose che mi son piaciute, ma tutte o quasi naufragano in mezzo a dei problemi
che soffocano possibili ottime intuizioni di scrittura dell’autrice. Questi due
fantasy (o meglio due urban-fantasy visto che la trama è ambientata in Scozia nel
nostro periodo storico) viaggiano tra molti alti e bassi, che non fanno bene
per la storia e per la facilità di lettura; ed è un peccato visti i presupposti
sui quali si basava l’inizio della storia. Ma iniziamo a spiegare tutto quanto.

Ciò che c’è di buono

 

Parere
personale ma credo che l’autrice abbia voluto con questi libri provare a
scrivere qualcosa di insolito per un fantasy; Le copertine dei libri, il
titolo, la quarta di copertina e l’inizio della storia, ti fanno pensare a
qualcosa, ma poi lo svolgimento della trama e l’evoluzione dei personaggi vanno
proprio su altro; ma non nel senso di una leggera variazione, qui siamo di
fronte a un concetto di fantasy totalmente diverso dal solito, un fantasy dove
la parte riguardante esoterismo, mitologia, e magia passano quasi in secondo
piano… e la cosa funziona.

Cerco di essere il più chiaro possibile; questi due
libri raccontano la storia principalmente di Penelope Lee una ragazza che da
Londra si trasferisce in Scozia in un college molto rinomato, puntando ad
entrare a Oxford e perché vuole allontanarsi da una situazione di crisi
familiare e grossi problemi personali; questa giovane si scontrerà con un mondo
che non conosce, trovando modo di fare nuove amicizie avere grandi amori ma
anche ostacoli sempre non facili da superare…Fine! Questa è la trama centrale,
nella quale vengono infilati questioni di vario genere collegate a quello che
noi definiremmo fantasy, ma per la sostanza della storia potrebbe non influire
perché la storia sembra fondarsi su altro. La stessa Lee nel secondo libro
ricorda come sia molto importante per lei passare gli esami ed entrare a Oxford
e di come i problemi scaturiti dalla magia sia spesso un grosso ostacolo a
questo suo progetto.

Ma
tutto questo da dove nasce? Secondo me in questa trilogia, la scrittrice ha
voluto far vedere come possa essere viste delle forme classiche di fantasy e
mitologia dagli occhi di chi, queste cose non solo ne è fuori, ma proprio non
sa cosa siano. Non è una cosa facile da spiegare devo dire e infatti Pratelli
per me è stata molto coraggiosa, ma diciamo che è facile narrare un fantasy con
dei personaggi che sono addentri ai fatti, o che sono prescelti dal fato per
uno scopo epico o leggendario, e voler accettare questo destino; qui no! Qui
più aumentano i problemi scatenati dalla magia, più si nota quanto i
protagonisti siano poco legati a tale mondo tanto da non comprenderlo…


Ma è
anche normale; parliamo di ragazzi e ragazze che vanno dai quindici ai
diciassette anni, ch non hanno reali legami con l’esoterismo; si i tre cugini
sono legati alla magia, ma è una cosa passiva che non sconvolge più di tanto la
loro vita scolastica. Insomma, quando delle ragazze, per cercare notizie su
delle divinità celtiche, vanno a fare tale ricerca su GOOGLE, stando in un
college scozzese…capisci che c’è qualcosa che non va, capisci che qui gli
anomali nella storia non sono i “babbani” ma coloro che sono addentro a questo
mondo, come succede nel secondo libro, nel quale la protagonista si legherà
alla “confraternita” e saranno questi ultimi a essere strani agli occhi della
protagonista; sempre di adolescenti parliamo e sempre di ragazzi che hanno non
così tante conoscenze su quello che è la magia che hanno, tolti due di numero;
ma si nota una certa estraneità non tanto verso i ragazzi, ma verso la magia
che loro hanno e il legame mistico che ha lei con loro…dando quindi la
sensazione di un gruppo molto chiuso, una piccola elitè, collegata a qualcosa
che però non è così fortemente sentita dalla protagonista; anzi per lei tutto
ciò ha portato grossi problemi di vita. Credo che questo sia un progetto
ambizioso, ma credo che lavorandoci bene possa veramente portare qualcosa di
interessante in questo genere di romanzi.


Altra
cosa che trovo sempre molto buona, e qui parliamo di scrittura della storia,
sono i capitoli con i punti di vista. Fino a metà del primo libro la
protagonista è l’unico punto di vista della storia, successivamente viene aggiunto
Nathan, poi nel secondo libro appaiono altri punti di vista degli altri
protagonisti, come Andrew, Ben, e altri.

Perché trovo buona questa cosa;
innanzitutto il punto di vista, ovvero indicare chi al momento sta narrando dal
suo punto di vista la storia è una idea che ho sempre trovato funzionale in una
trama; oltre ciò in questi due romanzi, soprattutto nel secondo notiamo degli
incroci di trama; ovvero, la storia viene osservata da Lee, finisce il capitolo
e prosegue con il punto di vista di una seconda persona che si trovava in quel
momento in quello stesso luogo con la protagonista, quindi avremo due
differenti visioni della storia praticamente contemporanee; se ad esempio Lee
vede qualcosa avvenire ad uno degli altri protagonisti, potrebbe il capitolo
successivo aprirsi con quella stessa persona che sta subendo quella cosa
osservata in precedenza da Lee, dando sensazioni e emozioni diverse di una
stessa scena; anche qui è una cosa che funziona e regolata bene porta
all’esterno a chi sta leggendo veramente qualcosa di utile che rende intuitivo
la trama e la peculiarità dei personaggi.

 

Cosa mi lascia perplesso:

come
ho detto tutte le cose positive viste nella storia, ecco vengono soffocate dai
punti negativi: ci sono vari piccole cose di cui non parlerò ma ci sono delle
cose che proprio ho trovato sbagliate.


Alla
fine della lettura dei due libri, quello che ho notato di negativo è stata la
caratterizzazione dei personaggi. Ora questo problema all’inizio della storia
non esiste; abbiamo un iniziale quadro dei personaggi della storia, con le loro
caratteristiche più o meno precise, e con le loro peculiarità, molto tipiche e
già viste, che però per il quadro di realismo che vuole dare l’autrice
(parliamo sempre di personaggi di sedici/diciassette anni in un college).
Abbiamo Penelope Lee, con un passato di ribellione e problemi familiari che l’hanno
portata a allontanarsi da casa per trovare la sua strada; abbiamo Nathan, il
giovane intelligente timido che viene colpito dal classico colpo di fulmine;
abbiamo Ben il fratello di Nathan, giovane estroverso sempre ottimista e
volenteroso a voler aiutare chi gli sta vicino; abbiamo Davon la ragazza di
Ben, anche lei estroversa e calorosa nei confronti della protagonista;
Christine la cugina dei due fratelli, bella ma gelosa nei confronti della famiglia.
Poi altri come Andrew o il fratello della protagonista, ognuno con proprie
caratteristiche…

Ora il problema sta che nell’evoluzione della trama nei due
libri, queste caratteristiche non mutano ne si evolvono con le vicende…anzi
vengono tutti i personaggi estremizzati rendendoli tutti delle macchiette nella
storia: Ben diventa un pagliaccio, Davon e Christine parlano solo di sesso e
soprattutto degli approcci dei due fratelli Macintyre; Nathan e la protagonista
sembrano quelli che potrebbero avere tale evoluzione, ma solo perché sono i
personaggi principali della storia e quindi la scrittrice si sarà voluta
concentrare su loro due; ma anche qui sembrano comunque delle macchiette nel
loro esporre il loro amore e le loro emozioni, cosa che peggiora con la
presenza di Andrew innamorato di Lee, creando di conseguenza, un possibile
triangolo amoroso.

Stessa cosa avviene nel secondo libro, perché anche li i
nuovi personaggi dopo poco ricevono la stessa sorte, comunemente legati da
questa idea di confraternita chiusa e senza una chiara evoluzione di storia.
Non è chiaro se questa scelta di caratterizzazione dei personaggi in questo
modo è sempre collegata alla visione di trama della scrittrice; può anche
essere stata questa la strada, ma personalmente la lettura dei personaggi in questo
modo, non mi ha proprio interessato portandomi spesso a distrarmi dalla storia,
perché rischi di perdere interesse per la trama.

Ho
parlato prima di cosa ha voluto esporre e sperimentare la scrittrice. Abbiamo
detto che questo è un Urban Fantasy molto particolare… ma con tutte le mani
avanti possibili, si deve rendere concreta la parte della trama fantasy:
abbiamo dall’inizio della storia varie cose; maledizioni, reincarnazioni, magie
ed eredità provenienti da antichi dei; abbiamo mitologia, esoterismo e
allenamenti in campo magico, e sono tutte cose solide e che possono funzionare,
ma attorno a queste cose devi rendere la trama forte e non deve avere tutti gli
alti e bassi che si percepiscono; non solo il lato fantasy della trama, perde
via via peso, ma viene messa ancora più da parte dalla presenza di una trama
dalle tinte rosa molto accese nella storia.

Non me ne voglia l’autrice, ma per
tutta la metà del primo libro e del secondo, prende sempre più forza la storia
d’amore tra Penelope Lee e Nathan, lasciando da parte tutto il resto, come se
si parlasse di cose da poco; intendiamoci, una storia d’amore, con i tipi di
personaggi indicati, e per l’evoluzione iniziale della trama, non è sbagliata,
ma personalmente è troppo esagerata e soprattutto anche troppo spinta verso non
solo le semplici dichiarazioni amorose, continue e ripetitive, ma parliamo
anche dell’approccio fisico che viene descritto nella storia; ora questo può
piacere e non piacere, e sinceramente sono uno di quelli che preferisce lasciare
all’immaginazione certe cose, senza entrare troppo nel particolare, come via
via ci si addentra la scrittrice; posso anche capire che anche questo è uno
strumento per far tenere incollati alle pagine i lettori, ma penso sia stata
una cosa esagerata, spesso inutile e soprattutto in varie occasioni (e questo
riguarda anche storie d’amore che colpiranno altri personaggi della storia)
paradossali e anche no-sense.

Quindi
ripeto gran peccato, perché possono esserci dei tratti del genere in una
storia, ma devono essere calibrati meglio con il resto della trama, sennò
avremo una storia che all’inizio del primo libro, parte bene, a metà si arena
rallentando e diventando a tratti noiosa, alla fine ri accelera tornando su una
discreta situazione, per poi crollare del tutto nel secondo libro fino alla
seconda metà, quando si tenta di recuperare qualcosa anche se molto della
storia e dell’interesse sulla trama si è andato perdendo.

  Il primo libro:

 Il secondo libro:



 

In
definitiva credo che l’aggettivo giusto sia peccato; peccato perché tra tante
buone idee e concetti tirati fuori dalla scrittrice, ci sono varie cose che non
vanno (oltre alle due cose negative, ne avrei altre più piccole come però avrei
altre piccole cose positive) è un peccato perché si sente che qualcosa nella
storia si va a perdere; nella lettura si percepisce proprio un certo
sbandamento della situazione che lascia interdetto il lettore perché rischia di
perdere il quadro concreto della storia. C’è comunque da attendere un terzo
libro e quindi si spera che il prossimo concluda o comunque riporti la trama
più su rendendola più solida possibile.

 

Lascia un commento