Buongiorno amici del Bosco,
eccoci arrivati al quarto appuntamento di “Quattro chiacchiere con l’autore”.
Oggi è la volta di Stelvio Mestrovich, autore del romanzo noir “Delitto in Via della Dogana” – A&A Edizioni.
Martedi è uscita la mia recensione, che potete leggere qui ed ora vi propongo una breve intervista con l’autore, per consentire a tutti voi di conoscerlo un po’ meglio.
· benvenuto sul
blog “Il bosco dei sogni fantastici”, questo è il tuo momento, io e tutti i
miei lettori vogliamo conoscerti meglio, raccontaci chi sei e come ti sei
avvicinato alla scrittura?
Mi
chiamo Stelvio Mestrovich, sono nato a Zara in Dalmazia, già Zadar (ex
Jugoslavia, adesso Croazia) il 20 giugno del 1948, sono fiorentino di adozione,
ho abitato a lungo in Versilia, adesso vivo a Lucca.
Mi
sono avvicinato alla scrittura prima con la poesia. Il mio primo libro,
ovviamente stampato in proprio, fu “Il mio ultimo chiarodiluna”. Ne stampai un
centinaio di copie, così, per i parenti e per gli amici e colleghi. Ho
partecipato a diversi concorsi letterari e ho sempre fatto la mia bella figura.
Ne ho anche vinti diversi. Poi feci amicizia con tre persone che sono state
importantissime per il mio proseguimento.
Il
professor Raffaello Bertoli di Marina di Pietrasanta, scomparso lo scorso anno,
notissimo poeta, giornalista e scrittore, nonch’ critico artistico-letterario,
che fu presidente per diversi anni del prestigioso Premio Nazionale di Poesia
G. Carducci.
Poi
Renato Vecellio, che abitava a Vienna, traduttore e insegnante alla Dante
Alighieri, grande amante della poesia italiana ed argentina.
Infine
il dottore Josef Neubauer, poeta e scrittore, la cui amicizia mi spalancò le
porte “segrete” dell’antica Vienna.
Fu
con lui che pubblicai il libro “Il ponte Die Brucke”, una raccolta di liriche
sia mie che di Neubauer, con le traduzioni al lato delle pagine.
Il
libro ebbe un buon successo. Le poesie furono lette, in un programma serale per
innamorati, da un’emittente radiofonica viennese. Poi fu presentato nel Vecchio
Municipio di Vienna, alla presenza di autorità della sfera politica, alla Dante
Alighieri, all’istituto Italiano di Cultura e anche in altre città dell’Austria
e della Germania.
Successivamente
la vena poetica è rimasta senza sangue, perciò spinto dall’altra mia passione
che è la ricerca musicale e la musica stessa, scrissi un romanzo con l’io
parlante femminile e cioè il diario di Lucida Mansi, con la prefezione del
Bertoli.
Questo
libro andò letteralmente a ruba. Ne furono stampate dalla Casa Editrice Ibiskos
di Empoli un centinaio di copie. Il romanzo è tuttora richiesto ma la Ibiskos
pretese soldi per le spese di stampa e quindi non se fece più nulla.
Il
libro parla della nota leggenda lucchese, anche se non è del tutto una
leggenda, perché Lucida Samminiati visse veramente nel seicento e morì di
peste. Il romanzo è costruito su molti flash back, vale a dire che andrebbe
letto dall’ultima pagina alla prima. La storia si ambienta ai giorni nostri e
va indietro nel tempo, sino anche questa Lucida insolita si trova ad essere sé
stessa. E’ anche uno bello spaccato di Lucca.
Il
mio approccio con la letteratura gialla è maturato con “Venezia rosso sangue”, pubblicato
da Dario Flaccovio di Palermo, che mi ha lanciato nel mondo poliziesco e che mi
ha fatto noscere personalmente autori affermati come Loriano Macchiavelli,
Marco Vichi, Divier Nelli, Valerio Varesi, Michele Giuttari ed altri.
Con
Venezia rosso sangue, inizia il trittico con l’ispettore della Polizia di stato
Giangiorgio Tartini, discendente nel mie pagine del celeberrimo compositore e
violinista di Pirano d’Istria Giuseppe Tartini. Cosa non vera, perché Giuseppe,
seppur sposato di nascosto, non ebbe figli.
Giangiorgio
indaga a Venezia, ha come aiutante e amico Dario Farsetti, abita nel Campiello
Colombiba, ha come vicina di casa le signora Rebetz e un gatto amatissimo che
si chiama Annibale. Come me, Tartini ama la musica e Venezia. Ha fortuna con le
donne. Un carattere ribelle che combatte ogni forma prepotenza e di
ingiustizia, il rancore verso ogni superiore in grado. Possiede un umorismo
macabro. Fuma solo sigarette Memphis Light che sono austriache.
Questi
personaggi li ritroverete nei libri seguenti e cioè: Delitto in casa Goldoni
edito da Rocco Carabba, La sindrome di Jaele e La Maschera della morte rossa,
quest’ultimo edito nuovamente da Flaccovio sia in cartaceo che in ebook.
A
questo punto decido di fare un’inversione e lasciare Venezia, lascio Tartini,
lascio tutto il seriale.
Con
la casa editrice A.car di Lainate pubblico Il mostro di Ebensdorf, un thriller
ambientato a Vienna e dintorni. Qui entra in gioco il commissario di polizia
austriaco Clemens Pallavicini, di chiare origini nobili e italiane, che dovrà
sudare parecchio per arrestare uno spietato serial killer. Finale a sorpresa.
L’altro
libro è il Mistero delle donne impiccate, la cui trama si svolge a Lucca e che
vede come protagonista il Capitano dei Carabinieri Marco Mosetti di Muggia, in
forza al Comando provinciale nel Cortile degli Svizzeri. In questa che è una
storia di esecuzioni mi lancio contro le massonerie e contro le bande neo
naziste.
·
Ora parliamo un po’ del tuo libro…Quali sono gli argomenti
principali che tratti in questa storia?
In
via della Dogana a Lucca, oggi Vicolo della dogana, c’era il vecchio casino.
Proprio a due passi dal teatro Il giglio. In una delle abitazioni viene trovata
uccisa Valentina, con un colpo sparato da una Beretta Calibro 9.
Comincia
la caccia all’omicida ed entrano in gioco il maggiore dei Carabinieri Marco
Mosetti e il suo braccio destro, il maresciallo Michele Bernardini. I sospetti
si concentrano sullo scrittore di gialli Alberto Dodero, persino sua moglie lo
crede colpevole e ne ha paura. Le indagini filano veloci con dialoghi asciutti
ed efficaci. Io gioco con il lettore come uno scacchista e lo lascio senza
fiato in fondo al libro con uno scacco matto del tutto imprevisto e
imprevedibile.
·
Parlaci del tuo protagonista o dei protagonisti se questi sono
più di uno.
Marco
Mosetti soffre di gastrite e mastica spesso le compresse Maalox, mangia in
bianco, non beve né vino né alcolici.
Ha
una sorella che si chiama Mafalda che abita a Muggia. Diplomata in pianoforte,
dà lezioni. Anche Marco è diplomato in pianoforte, ma fallisce come musicista,
quindi, essendo anche laureato in giurisprudenza, abbraccia la carriera di
ufficiale dei Carabinieri. Mafalda invece più talentuosa, fece la concertista
per una decina di anni, poi smise, dedicandosi alle lezioni private. E’ lesbica
e ha intrecciato diverse relazioni con donne della cittadina.
Marco
convive con l’infermiera Emma, una morettina tutto pepe, che abita a Segromigno
in Monte. Si erano conosciuti durante un’inchiesta che aveva portato Mosetti al
nosocomio, in cui Emma lavorava nel reparto pediatrico. In questa indagine è
coinvolta, seppure marginalmente anche l’amante del maggiore dei carabinieri.
La vicenda si snoda tra Lucca e la Versilia.
·
Trattandosi di un romanzo noir/poliziesco quali sono gli
scrittori del genere a cui ti senti più vicino o ai quali vorresti somigliare e
perchè?
Il
mio maestro, è indubbiamente Andrea Camilleri, perché amo il suo modus
scribendi, la sua ironia, il suo stile, il suo modo di trattare il giallo che è
tutt’altro che salottiero.
Un
altro autore che ho conosciuto personalmente alla Versiliana, grazie all’amico
Raffaello Bertoli, è Michael Dibdin, nato in Inghilterra ma residente negli
Stati Uniti, perché il suo personaggio, il vice questore Aurelio Zen, scettico
e disincantato, ha molti punti di riferimento con Tartini e con Mosetti.
·
Perchè un lettore dovrebbe scegliere di leggere il tuo libro?
Non
lo so sinceramente. Io sono un pesce medio piccolo, peraltro da alcuni anni
isolato come un appestato, sia dalle case editrici sia dagli autori famosi,
cosiddetti amici.
Ho
scritto più di trenta libri, considerando anche quelli di critica della storia
della musica del settecento. Non sono un principiante. Ho una certa esperienza.
I primi libri hanno venduto più di 5000 copie. Ma nessuno vuole più investire
su di me. Ai lettori i miei libri non dispiacciono.
·
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Sto
finendo di scrivere l’ultimo libro con Tartini, rappresenterà la sua fine e del
mio filone poliziesco. Ho cominciato a scrivere libri di narrative classica.
Uno è già stato pubblicato da Carabba e si intitola Mar’ja Ivanovna Petrova, la
cui vicenda si svolge a Mostra e narra la drammatica storia d’amore tra un
conte moscovita e una giovane violinista talentuosa ma figlia di macellai. In
una Mosca senza tempo. L’altro che uscirà a settembre, sempre con le Edizioni
A&A, sarà un altro diario con l’io narrante femminile, che parlerà
dell’infelice storia d’amore tra uno zingaro e una nobildonna austriaca.