“L’Arminuta” di Donatella Di Pietrantonio [Recensione]

Amici Lettori,

come vi avevo detto già nei mesi scorsi, da poco seguo le attività del gruppo di lettura di Sarzana (SP) che si chiama EQuiLibri.

La lettura del mese di Aprile è stata L’ARMINUTA, il romanzo di Donatella Di Pietrantonio edito Einaudi, e decisamente molto particolare.

Noi del gruppo di lettura ci siamo incontrati prima di Pasqua per poter parlarne insieme, motivo per cui ho aspettato ad apporre la mia recensione.

E’ stato un bellissimo momento di condivisione, utile per guardare il testo sotto occhi diversi, poter dialogare su personaggi, emozioni e quant’altro il libro è riuscito a farci suscitare.

Bene, bando alle ciance…

eccovi la mia opinione sul romanzo L’ARMINUTA.

L’ARMINUTA

di Donatella Di Petrantonio

Einaudi Editore

176 pagine – 17.50 €

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Ci sono romanzi che toccano corde così profonde, originarie, che sembrano chiamarci per nome. È quello che accade con “L’Arminuta” fin dalla prima pagina, quando la protagonista, con una valigia in mano e una sacca di scarpe nell’altra, suona a una porta sconosciuta. Ad aprirle, sua sorella Adriana, gli occhi stropicciati, le trecce sfatte: non si sono mai viste prima. Inizia così questa storia dirompente e ammaliatrice: con una ragazzina che da un giorno all’altro perde tutto – una casa confortevole, le amiche più care, l’affetto incondizionato dei genitori. O meglio, di quelli che credeva i suoi genitori. Per «l’Arminuta» (la ritornata), come la chiamano i compagni, comincia una nuova e diversissima vita. La casa è piccola, buia, ci sono fratelli dappertutto e poco cibo sul tavolo. Ma c’è Adriana, che condivide il letto con lei. E c’è Vincenzo, che la guarda come fosse già una donna. E in quello sguardo irrequieto, smaliziato, lei può forse perdersi per cominciare a ritrovarsi. L’accettazione di un doppio abbandono è possibile solo tornando alla fonte a se stessi. Donatella Di Pietrantonio conosce le parole per dirlo, e affronta il tema della maternità, della responsabilità e della cura, da una prospettiva originale e con una rara intensità espressiva. Le basta dare ascolto alla sua terra, a quell’Abruzzo poco conosciuto, ruvido e aspro, che improvvisamente si accende col riflesso del mare.

→TOCCANTE←

La storia è ambientata in un paesino del sud Italia: non viene precisato con esattezza, così come non viene mai precisato il periodo storico né tanto meno il nome della protagonista. Che è una ragazzina, adolescente appena, che da un giorno all’altro viene portata nella casa della famiglia di origine, molto più povera rispetto a quella in cui ha vissuto finora, e pressoché ‘dimenticata’ dalla famiglia (che scoprirà con il tempo) di adozione.
Sì, poiché la ragazzina è stata data in ‘affido’, se volessimo usare termini più adeguati al tempo attuale, per un periodo non definito in realtà, ad una parente della Madre quando questa era rimasta nuovamente incinta. Sin da piccolissima, quindi, l’Arminuta ha vissuto in un’altra casa, con altre abitudini, con il lusso, con l’essere figlia unica, con un bel quartiere, belle amicizie e bella scuola.. oh, quanto le piace la scuola e quanto è portata per lo studio!

Saranno queste sua belle qualità – la capacità di apprendimento, la voglia di studiare e l’apertura mentale dettata dall’essere cresciuta in città ed in un altro ambiente – a renderla diversa dai fratelli e dalla famiglia a cui si riunisce: un ambiente senza dialogo, promiscuo, campagnolo, non istruito, banale e a tratti violento, nei modi, nei verbi e nelle azioni.

Sarà accolta dal fratello maggiore e dalla sorellina, ma mai accettata dal fratello di mezzo né dai genitori, che a stento le rivolgono la parola e non la aiutano a integrarsi al resto della famiglia, men che meno al contesto del paesino. Nonostante tutto, l’Arminuta resiste: va a scuola, dove si distingue per le sue capacità e la sua voglia di fare; impara a fare le faccende di casa, insieme alla sorellina Adriana – personaggio secondario fondamentale, affinché la protagonista possa vivere (e sopravvivere) a ciò che le viene sottoposto senza che mai le si chieda il parere. Il tutto avviene mentre i genitori adottivi restino come fantasmi, partecipando a distanza con regali, soldi, e supporti senza però permettere che le vite si incrocino ancora.

La ragazza, però, non si darà mai per vinta: continuerà a seguire i propri sogni, a cercare di raggiungere gli obiettivi, cercando la verità circa l’abbandono della sua seconda famiglia senza legarsi mai, davvero, a quella originale, dove creare relazioni è veramente complicato.

Uno spaccato italiano realistico e verista, poiché se non succede ancora oggi non è da molto che simili situazioni (ossia di figli che si separano dalla famiglia perché son troppi per essere allevati vengono mandati a vivere da parenti che poi solitamente li adottano e difficilmente vengono mandati indietro) accadano veramente: certo, pensare ad un bimbo come ad un pacco che viene spostato, improvvisamente, senza spiegare nulla, da una famiglia all’altra credo sia qualcosa da non fare, un trauma da non regalare mai, a nessun bambino. 

Un libro tosto, dagli argomenti forti, dai messaggi importanti e capace di coinvolgere il lettore tanto da essere letto in pochi giorni. A me è piaciuto molto, anche se poi in sede di chiacchierata con gli amici del Gruppo di Lettura sono emerse diverse interpretazioni e chiavi di lettura. 

E’ bello parlare di una storia e sentire altri pareri: ammetto che non avevo mai considerato l’utilità di un momento di confronto di questo tipo.

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