Amici Lettori,
ben ritrovati! Anche oggi facciamo un salto nel mondo della poesia.. per scoprire insieme le liriche di PAOLA MATTIOLI.
A PICCOLI PASSI
di Paola Mattioli
Edizioni Pendragon
70 pagine – 12 euro
“Ed è grazie allo stupore che traspare dalle esperienze raccontate, e che tutto si raccoglie nei versi che diventano, come diceva Rilke, esperienze che si vestono di stupore, in quanto atti più significativi della vita, quasi riusciamo a toccare queste esperienze dell’autrice fatte di visioni di luoghi e città, di conoscenza di voli di uccelli e di linguaggio dei fiori, fatte di capacità di ricordare il passato, di ritornare all’infanzia, sognare davanti al mare, indignarsi per le ferite infette da questa società ai più deboli. Capacità che emerge nei “Piccoli passi” con cui procede spedita, proponendoci la nuova silloge di poesia.” (Dalla Nota di lettura di Cinzia Demi).
Recensione a cura di Vincenzo Calò
La
Mattioli con lo strumento della poesia sembra che ricostituisca il
senso del tatto per le individuali vicissitudini, in un’epoca che
vede i poeti in difficoltà, a causa delle egocentriche
ripercussioni, smussabili usando la testa non da soli per provare a
cambiare l’atmosfera.
Questa
raccolta si evidenzia per della sana modestia nell’esprimere dei
concetti, in situazioni da delineare impegnandosi, in virtù di una
formazione ricavabile con tutta l’importanza del caso.
La
poetessa armonizza degli eventi narrandoli con l’immaginario e la
parola snocciolabili da piccoli, nel forsennato corso della vita, che
paradossalmente spezza delle visioni, a seguito insomma di
sensazionali alti e bassi e dunque alla costante ricerca di una
stabilità emotiva; cosicché si alternano ambientazioni portatrici
d’ispirazione a un bagaglio d’esperienze da tutelare pensando a
tutto spiano, senza pressare il lettore col gergo tecnico, bensì
richiamandolo all’ordine con delle motivazioni da determinare
per il bene di tutti.
“Sogni,
desideri ancora non sbocciati
percorsi
difficili
incontri
casuali a dirsi
dove
ognuno crea e disfa…
…
chiarire
è necessario
inventarsi
e reinventare…”
Leggendo
ti rituffi nel respiro emesso, aldilà di ciò che abbiamo realizzato
e che vediamo straordinariamente, personalmente… sta di fatto che
si sviluppa la posizione di un soggetto venato di candore, col
raggiungimento di un quesito dopo l’altro tacendo e ignorando in
generale e specialmente a fine giornata, a dimostrazione di quante
radici si possano strappare e celare argomentando, deliziando alla
maniera di un Pascoli.
“Ogni
messaggio lascia una traccia
parole
che rassicurano
che
chiudono con freddezza o con amore…
…
parole
senza senso, usate e poi dimenticate…”
La
Mattioli dà modo di caratterizzare un avviso di circostanza, non lo
rende dunque mai casuale, scrivendo su fogli volanti e non, dubitando
sull’aspetto comunicativo in veste classica, affinché non ci si
dimentichi della valenza dei ricordi.
Grazie
a Paola rifioriscono argomenti che vanno trattati per venire
nuovamente considerati a seguito di troppe richieste d’aiuto, con
sollecitazioni rigorosamente al femminile.
La
poetessa, tracciando languidamente il percorso a un’accusa che
scotta nelle mani della gente, si assicura lo sviluppo della parola,
intendendo impreziosirla come se sfiorata dall’indispensabile che
si manifesta intorno a lei, nel rivisitabile possesso di determinati
oggetti.
Quindi
senza che si tradisca dell’energia naturale, di cui se ne devono
far carico i minori che la Mattioli è solita istruire, per partire
dalle basi a incantare semplicemente, e a occupare di nuovo
sensibilmente questo mondo, cioè riconoscendo d’avere un talento,
qual è quello di lucidare un tacere che non è mai garantito,
lasciando il segno all’ambiente che ci circonda, con positività…
all’improvviso, fino a rigenerare esclusivamente l’umano
dettame.
Paola
al cospetto di una panoramica viene travolta dal proprio olfatto,
materializzante un entusiasmo che ammalia dei sentimenti ben
custoditi, una volta mirato.
La
poetessa percepisce sinuosità notturne liberamente, lentamente,
allorché si fa giorno con la ragione, per illusioni che faticano a
manifestarsi lungo vie contorte, come a causa di appuntamenti fatali,
in teoria, tra soggetti che compongono un’opera giustappunto per
disintegrarla… difatti bisogna comprendere per darsi una forma e
rinnovare il creato.
In
questi versi si appura il concetto di gioia, che per la Mattioli
consiste nel volersi bene tutelando il proprio essere, con la
compensazione di determinate richieste, quelle attribuibili a persone
prive della benché minima colpa, che si divertono a stimolare delle
trasparenze con l’insorgere di riconoscenze a tutto tondo,
dimodoché avvenga l’inclusione tra elementi radicati, che
agevolino la memoria all’infinito; nonostante il disagio terreno,
prorompente dacché difficile da diagnosticare, fintantoché la
realtà viene raggirata da quanto dichiariamo.
Le
poesie sembrano ricomporre pezzi di respiro dalle svariate
dimensioni, senza stancare, continuamente; perché si può sempre
agire per il meglio, e anche se a ridosso della sera, con dei mezzi
di trasporto accecanti, in movimento, a meravigliare le strade di un
posto che aspetta nuovamente d’essere scoperto, da visi che
scalfiscono il cielo, con tutta una spontaneità da sviluppare mai e
poi mai banalmente.
Per
la Mattioli il contatto a pelle serve per dare dignità reciproca a
confessioni del tutto vere, a delle prime volte da raccogliere per
celarsi in un cuore ed esistere… per amarsi.
La
Mattioli è abile a identificarsi in una bambina che si cela nella
muta oscurità, come a scrutare l’esterno a prova d’udito; troppo
legata alle origini del bene individuale, tra fitti timori, quasi
utili per dire d’essere presenti, ma ch’è un guaio
affezionarcisi, se non si ha quella forza necessaria per stare a
comprenderli e apprendere così d’avere piuttosto delle doti.
La
poetica di Paola rilascia segni sparsi su pagine sciupate dal ciclo
delle stagioni, lungo percorsi astrusi, tracciati con parole o
raffigurazioni da un maestro del contatto.
“Nessuno
si ferma
ognuno
pensa per sé
voci
borbottano insane parole
cattivi
giudizi e pensieri
solitudini
sole”
L’autrice
si attiva mescolando tasselli, proponibili seppur complicati
parlandone a gettiti d’anima, di un valore insito all’affetto dei
suoi cari di cui ora n’è carente, di un buon esempio che si rende
parziale dunque per forza di eventi, ossia di varie opinioni nel
percepire l’umana esistenza; con lo sguardo magari fisso su esseri
viventi ma logorati dall’emarginazione che disintegra la
temperatura corporea, tanto da dimenticarci degli amori che saremmo
in grado di provare se conoscessimo e riconoscessimo i nostri simili,
immobili a riflettere su letture ancora d’acconsentire, in un
nascondiglio assicurato dalla cultura a misura di sentimento.
I
genitori di Paola, un dottore che invitava alla cura della pelle,
mentre la moglie si affaccendava a livello domestico, hanno formato
questa poetessa severamente, autorevolmente.
Col
passare del tempo, a causa d’impegni professionali da dover
sviluppare senza battere ciglio, la voglia di poetare si è
inabissata in lei, per riemergere, con l’ispirazione dovuta ora
dall’assenza della figura materna.
La
Mattioli compone parole, guida un insieme di emozioni per stabilire,
senza fare rumore, l’esclusività come la straordinarietà del
tempo da dare al suo didentro, e armonizzare finalmente della
maturità ricavabile con amori radicati e memorie tristi ma scandite
con della nostalgia da profumare vivendo in scioltezza; proprio come
fanno tutti quei bambini meravigliosamente ignari di questo potere
che galleggia nella loro vista, in un mare aperto.
l’autrice Paola Mattioli – foto presa dal web |