“diVersi in Prosa”, di Leonardo Manetti [Recensione]

 Amici del Bosco,
anche oggi vi deliziamo con una raccolta di poesie: parliamo di diVersi in Prosa, realizzato da Leonardo Manetti e pubblicato con Youcanprint.
Buona lettura!

DiVersi in Prosa

di Leonardo Manetti

Youcanprint

94 pagine – 6,99 €

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“DiVersi in prosa” è il viaggio di Leonardo alla ricerca di se stesso. Molteplici i temi toccati dall’autore in questa raccolta dedicata a lei, la poesia, musa incantevole che seduce ed inebria colmando il cuore d’emozioni in ogni frammento del vivere. Non mancano i tormenti, lo smarrimento e le inquietudini interiori, tipiche di quegli animi sensibili che l’arte lega a sé. E forte avanza l’esigenza di trovare risposte, di poter dare un senso nuovo a quel tempo che corre via troppo veloce e spietato. Una scrittura scarna quella di Leonardo, trasparente e genuina come gli squarci di natura che il poeta ama contemplare nella maestosità della sua terra. In questo rincorrersi suggestivo quanto emozionante di riflessioni e scavi dell’anima, Leonardo rifiuta ogni catena, spezza tutti i freni possibili perché si faccia largo solo quella verità (talvolta amara…) cui anela disperatamente. E nelle pause tra le parole non dette, sussurra lieve un palpito antico che segna il senso dei passi mossi all’ombra dei perché…

Recensione a cura di Vincenzo Calò

La poesia viene invocata giacché deliziosa artefice di un
tempo del tutto personale,
che scorre con leggerezza, normalmente, rivalutando
certe attività, quelle svolte da coloro che coltivano la terra, alla luce delle
familiari tradizioni, dell’autentico buongusto, estasiante quando un dato
paesaggio aspetta solo d’essere contemplato, fortificati da risultati ottenuti
rispettandolo, fertilizzandolo fuori dall’ordinario, tra l’illusione, la favola
e il sogno: tre elementi da mischiare dimodoché la verità comporti l’univoca
sorte.

“Un’oasi solitaria
nel deserto della
velocità
scandisce il mutare
delle stagioni
un sottofondo di
musiche classiche”.

Riaprendo gli occhi alla natura vuol dire sperare che il
futuro sia migliore, Leonardo effettivamente ama svolgere delle attività
distante da qualsiasi tipo d’artifizio, un qualcosa che ha desiderato fare da
sempre… guarda caso il poetico apice secondo lui lo si tocca producendo il
vino
, che per degustarlo bisogna attenersi a un cerimoniale favoloso, al
momento di servirlo, dimodoché s’ingigantisca la voglia di riconoscersi nei
sacrifici compiuti, in una certa stagione, per realizzarlo alla portata di
tutti.

Nelle parole di questo poeta si passa da una collocazione
terrena che costa fatica alla vegetazione selvaggia, contorta, e viceversa;
agendo come degli agricoltori lesti a donare della proverbiale vivacità
d’animo, a chi si entusiasma sull’orlo di un’ubriacatura, ballando e cantando
sotto la pioggia, con una serenità raggelante, a precedere il tormento
primaverile che poi porta a legittimare la passione con cui il sole splende.

Manetti intende delle qualità che se sortite danno modo di
credere che tutto torni, leggiadramente; la sua solitudine si riferisce
all’eternità della messa a prova di un prodotto della natura del tutto
autentico, che lui ricava, oltre al fatto di distinguersi con la salvaguardia
di un fiore prezioso, rappresentativo per la comunità fiorentina, ossia l’Iris
pallida, che sbocciando rende seppur brevemente ammalianti le terre per chi le
lavora e non solo… un decoro straordinario!

“Tutto è poesia agli
occhi di un bambino meravigliato dalla normalità”.

I versi successivamente s’incentrano sull’immagine di una
dolce metà alquanto riservata e talvolta cupa, caratteristiche che ritemprano
il poeta che necessita di riprendere la propria vita in chiave sentimentale, di
spalancare le porte nuovamente senza venire travisato dalla nostalgia
, e
abbracciare l’incanto di un destino che ci viene incontro anche e soprattutto
quando non ce ne accorgiamo; giacché disattenti o disattesi di per sé.

“Leggendo lettere
imprigionate
di un corpo ferito
scoprii intimi
segreti
corsi fuori,
all’aperto”.

Messaggi sopraffini, di una memoria desolata e lacerante
vanno colti nonostante una rigidità di tipo residuale, per riempire
inquadrature positive col candore emotivo, che si ottiene tacendo in quel
contatto che non può fare altro che impreziosire l’animo umano… nel potere
degli affetti che purtroppo può annullarsi se le volontà si distaccano tra di
loro, se non si crede in qualcosa e di conseguenza in qualcuno.

“Persi senza ragione
in un labirinto
cerchiamo vie
nascoste”.

Le altezze rappresentavano delle conquiste, quella ripidità
tra l’immacolato, il tenero e l’avverso che ti spegne la luce, sgraziata dal
corso degli eventi… tanto valeva andare via, lontano, denotare come le
coperture degli stabili spiccano in una grande metropoli offuscando il cielo, e
ch’era allora indispensabile prendersi il proprio tempo senza pensarci,
prolungarsi alla faccia della normalità e del progresso che la modernità ci
propina, destinarsi a un luogo esotico, propensi all’ascolto di musiche da
ballo entusiasmanti e accattivanti al contempo… insomma: Leonardo voleva
sprofondare nell’amore desiderato, in mezzo a quell’umanità che ogni volta ti
stupisce e in un contesto territoriale da sogno, solitario, con immagini
seducenti, travolgenti al momento di rintracciare l’immensità, tastando il
buio.

Manetti si allontana dalle sue care radici per rigenerarsi
doverosamente, giacché trafitto da una dolce e delicata tristezza che
s’ingigantisce improvvisamente come se costretto a stare sotto la pioggia, a
concepire una malattia senza che gli altri possano comprendere, paragonando
addirittura la vita che comincia alle sabbie mobili… da qui il desiderio di provare
più esperienze possibili per motivare la coscienza, prima di ridursi in cenere
e abbandonarsi nell’aria, godendo dell’infinito, di una dimensione al naturale
per nulla incolta grazie al suo operato, alla sua passione.

“Gesto doveroso
un rituale sano
esclama la libertà”.

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