Lettori Adorati,
ben trovati!
Ospitiamo oggi SEBASTIANO B. BROCCHI, autore ed illustratore, noto al pubblico per la creazione del mondo fantasy di PIRIN, che conta una trilogia, completa di spinoff e videogioco a tema.
Di recente ha pubblicato un artbook dal titolo PIRIN CIVILIZATIONS.
Gli Artisti che hanno partecipato al progetto, e di cui troverete le illustrazioni, sono: Paola Andreatta, Michele D’Angelo, Marco Pennacchietti, Andrea Piparo, Giuseppe Rava, Anna Schilirò, Miriam Tritto, Alessandra Valenti.
Noi abbiamo deciso di fare due chiacchiere con SEBASTIANO B. BROCCHI ed ecco cosa è uscito fuori.
Buona lettura.
Intervista a cura di Isabella Cavallari
E’ con immenso piacere che do il benvenuto a SEBASTIANO B. BROCCHI tra le nostre pagine, potendo finalmente portarlo via dal mondo dei social dove ci siamo incontrati.
Sebastiano ha da poco pubblicato PIRIN CIVILIZATIONS ARTBOOK e vi lascio dare un’occhiata al booktrailer, dopodiché partiremo con le domande!
Pronti? Via!
ISABELLA: PIRIN comprende una trilogia ormai completa, diversi spinoff e un videogioco punta e clicca: un mondo ormai importante, immenso, totalizzante. Avventura e fantasy allo stato puro. Una saga, di quelle assolutamente da scoprire: cosa troveremo ora attraverso l’Artbook?
SEBASTIANO: Prima di tutto mi verrebbe da dire che con questo artbook sarà molto più facile e immediato trovare anche visivamente i “punti d’incontro”, ovvero quei luoghi o quelle caratteristiche che rappresentano i legami più forti tra avventure anche apparentemente molto diverse tra loro; contribuire quindi a rafforzare un sentimento di “casa” perché, tanto per fare un esempio, nella planimetria della città di Sandovelia un lettore dei romanzi ritroverà luoghi visitati nel “proprio viaggio” mentre il giocatore del videogioco riconoscerà quelli della “propria avventura”. Ma a fianco dei luoghi già conosciuti, entrambi (tanto il lettore che il videogiocatore) ne incontreranno di nuovi, perché appunto qui confluiscono gli elementi salienti di tutto questo universo multimediale, che diventa terreno comune e condiviso. Alcune chicche tra l’altro sono emerse dall’estro degli artisti, e quindi non si possono vedere altrove. Basti pensare al re dei Nani, Denbumi: leggendo nel romanzo che si tratta di un abile stratega, Marco Pennacchietti ha pensato di rappresentarlo nell’atto di scrutare una sorta di sfera armillare magica, dalla quale trarre magari informazioni sugli allineamenti astrali e il loro eventuale influsso sulle sorti di una battaglia. Questo dimostra come la creatività condivisa permetta di ampliare ulteriormente e arricchire di dettagli stravaganti anche delle storie già molto articolate. Ogni artista ha dato dei contributi derivanti dalla propria – unica – visione della saga, ed è chiaro che anche ogni lettore confronterà queste immagini con quelle che si era costruito nella propria testa.
ISABELLA: Che cos’è un Artbook?
SEBASTIANO: Mi piace vederlo come una sorta di galleria su carta o museo portatile. Anziché raggiungere un edificio chissà dove, incamminarsi nei suoi corridoi, magari persino con poco tempo a disposizione e dovendo fare la fila tra i turisti curiosi, un artbook permette di fare una passeggiata nell’arte perdendosi tra le pagine. Senza fretta, con i ritmi giusti, in silenziosa e solitaria contemplazione di immagini che si svelano per noi, comunicano ai nostri occhi, se siamo fortunati persino con la nostra anima, pizzicando le corde di sentimenti e pensieri che avranno quindi la possibilità di trovare la giusta risonanza nella nostra mente. Se poi, come è spesso il caso, le immagini sono accompagnate dai testi, non avremo soltanto il nostro museo personale in miniatura, ma anche una guida tutta per noi che ci prenderà per mano in quei corridoi, si soffermerà a indicarci dei dettagli che magari potrebbero esserci sfuggiti a una prima occhiata, ci svelerà delle curiosità che sicuramente non avremmo potuto intuire da soli non conoscendo la storia di quelle opere.
ISABELLA: Come ti è venuta in mente l’idea di realizzare un volume di illustrazioni?
SEBASTIANO: La vera domanda è: come avrebbe potuto non venirmi questa idea? Fin dagli esordi di questa saga, il mondo dei “Pirin” è stato strettamente interconnesso alle visioni artistiche, un viaggio in parallelo tra parola e immagine, l’esplorazione di un mondo strutturato e multiforme che chiede di essere descritto non solo da ciò che di esso possa essere raccontato, non solo dalle sue storie insomma, ma anche da ciò che si possa mostrare, ammirare. Non mi è mai bastato scrivere semplicemente che un personaggio sia giunto in una certa città incontrando le genti del posto: dentro di me sapevo che quella città dovesse avere un preciso stile architettonico, dei monumenti che la contraddistinguessero, delle usanze che si manifestassero in particolari costumi, ecc… se tutto questo lo devi raccontare, per un po’ va bene, ma non puoi andare avanti così per duemila pagine, o il romanzo si trasformerebbe in un’enciclopedia di regni immaginari. Perciò con il tempo ho capito che la soluzione migliore sarebbe stata quella di espandere l’universo della saga non soltanto nella direzione della narrativa, ma anche attraverso soluzioni che potessero arricchirne la lore e il rispettivo apparato iconografico in modo coinvolgente. Potremo avere quindi, sostanzialmente, due tipi di lettori: quello che divorerà le pagine dei romanzi interessato soprattutto a scoprire come vada a finire l’intreccio, per poi riporre i libri sugli scaffali e passare alla prossima avventura, e quello che vorrà invece concedersi di penetrare più intimamente quel mondo, comprenderne le sfumature, le fondamenta, costruirsi mentalmente un viaggio in quella realtà alternativa, capirne l’essenza, sperimentarne la vastità e i meccanismi intrinseci. È soprattutto a questo secondo tipo di lettore che si rivolge un artbook: colui che non si pone unicamente come “consumatore” dell’esperienza bensì come amatore ed estimatore.
ISABELLA: Come si realizza un libro illustrato?
SEBASTIANO: Principalmente operando una scelta su cosa si voglia mostrare, quali immagini possano essere efficaci nell’assolvere il delicato compito di lasciar intuire molto più di quanto effettivamente mostrino, e trovando i creativi adatti a parlare quel linguaggio. Dicevo: “lasciar intuire”, perché in effetti uno dei lati più affascinanti di questo tipo di pubblicazioni, dal mio punto di vista, è che per qualche strano incantesimo le illustrazioni non si limitano mai a descrivere unicamente una singola situazione o scenario, non sono mai stanze chiuse su un evento circoscritto.
La nostra mente tenderà sempre a “completare” quegli scenari come se potesse in qualche modo entrarvi e scrutare oltre i limiti del foglio. Mi sbaglio? Così se l’illustrazione mostra il limitare di un bosco, dentro di noi ci stiamo già avventurando all’interno di quei sentieri; se ci mostra una scena di battaglia la immaginiamo in movimento, sentiamo quasi il clamore delle armi e le voci dei soldati… non si tratta mai di immagini “ferme” e definite dalle loro cornici.
Perciò considero un’illustrazione tanto più efficace quanto più riesca ad espandere quei limiti nella mente dei suoi osservatori, e un artbook tanto più riuscito quando non lasci l’impressione di aver visto una serie di tavole, ma di aver camminato anche tra una pagina e l’altra, in ciò che agli occhi non era sempre esplicitamente mostrato.
ISABELLA: Con quale criterio si scelgono i compagni di viaggio con cui affrontare un’esperienza del genere?
SEBASTIANO: I criteri possono essere diversi, alcuni riguardano la tecnica e il talento veri e propri, altri, non meno importanti, sono quelli ben più indefinibili intessuti per noi dal destino, il quale ci sottopone semplicemente la persona giusta al momento giusto, ci fa stringere amicizie per motivi che magari inizialmente non hanno alcun peso e non crederemmo possano portarci in seguito a intraprendere progetti comuni…
ci sono anche delle volte in cui non si può parlare propriamente di “scelte”, ma più di piccoli salti nel vuoto affidandosi a una certa persona perché in quel momento sentiamo di volerlo fare.
Possono essere tanti i motivi, e dal mio punto di vista la qualità professionale dovrebbe anche poter andare di pari passo con l’amicizia, la stima reciproca tra i creativi coinvolti, l’ammirazione delle rispettive specificità.
Credo che questo si rifletta sicuramente sul risultato finale, forse non in modo palese, ma nell’armonia generale di un insieme, nel riconoscere i frutti di un lavoro nato dalla passione e l’apprezzamento di ciò che si sta facendo e delle persone con le quali si sta lavorando.
ISABELLA: Quali sono state le difficoltà nel lavorare insieme ad altri artisti?
SEBASTIANO: Indubbiamente i ritmi diversi, i diversi approcci, la necessità di trovare dei tratti d’unione tra stili diversi ed esperienze creative eterogenee. Non da ultima la distanza: nel nostro caso eravamo una squadra di artisti disseminati in varie regioni, non ci siamo mai incontrati allo stesso tavolo per lavorare, la comunicazione era garantita unicamente dai social network, e malgrado queste limitazioni trovo che l’ambiente di lavoro virtuale, la nostra collaborazione, non abbiano mai risentito di particolari difficoltà o incomprensioni. Da un lato ho avuto indubbiamente la fortuna di avere a che fare con dei seri professionisti, dall’altro mi auguro di essermi dimostrato anch’io per loro un partner di lavoro presente e affidabile, sempre pronto a trovare soluzioni che accontentassero tutti o quantomeno la maggioranza del team. Devo dire che se questo progetto può aver riscontrato delle difficoltà non è stato certo all’interno del gruppo di artisti: più che altro le procedure tecniche che portano alla pubblicazione di un volume come questo non vanno sempre lisce come l’olio, ci sono vari dettagli che vanno rivisti e adeguati per rispondere ai requisiti di stampa (margini da modificare, formati di files, ecc…) lungaggini burocratiche che talvolta possono portare diversi ritardi. L’importante è affrontarle una ad una con pazienza e non lasciarsi scoraggiare, senza voler ottenere tutto e subito.
ISABELLA: Come si assegnano e si scelgono i soggetti da raffigurare?
SEBASTIANO: Di questo mi sono occupato personalmente in quanto art director del progetto. Mi riferisco perlomeno all’assegnazione dei lavori, la messa a disposizione di reference e direttive che aiutassero i diversi artisti a orientarsi per capire cosa mi aspettassi da loro. Ogni artista ha avuto però una notevole autonomia nella scelta di come impostare le illustrazioni, in che modo mettere in scena i soggetti assegnati, attraverso quali punti di vista, scenari, prospettive… quindi direi che ci sia stato un bell’equilibrio tra le direttive iniziali, necessarie ad assorbire al meglio il setting del mondo che si voleva rappresentare, e le scelte finali su come trasformare quelle indicazioni in qualcosa di definito e concreto.
In molti casi il dialogo con i singoli artisti non si è fermato alle reference di base, alcuni elementi delle illustrazioni sono il frutto di piacevoli confronti e scambi d’opinioni, tentativi e reiterazioni, fino ad arrivare ai risultati che possiamo ammirare nel libro. Tutto ciò è possibile quando si ha a che fare con artisti maturi, consapevoli della propria maestria ma al contempo sempre elastici e aperti alle visioni altrui, un atteggiamento molto importante che non ci isola nell’autoreferenzialità.
ISABELLA: Dare un volto ai personaggi di una saga: perché?
SEBASTIANO: In questo caso si è voluto fare molto più di questo, anzi direi che dare un volto ai personaggi in questo contesto era quasi superfluo o secondario. La maggior parte dei personaggi, quelli principali almeno, si trovano già ritratti o abbozzati tra le pagine dei romanzi, quindi qui non era quello il vero scopo. Come si evince dal titolo, qui si è voluto dare maggior respiro alle civiltà, ovvero ai contesti etnici entro i quali le storie si sviluppano, capire quali popoli abbiano dato i natali ai protagonisti e quali siano le loro principali usanze, tradizioni, gli elementi distintivi. Un’operazione imponente che altrove, forse, non avrebbe molto senso: moltissimi fantasy (e con ciò non voglio certo generalizzare) si “accontentano” in un certo senso di fornire ai lettori un setting pseudo-medievale, o al limite ricalcato su particolari civiltà storiche quali potrebbero essere ad esempio i Celti. La mia saga, al contrario, propone delle civiltà fiorenti al massimo della loro espansione, indubbiamente intrise d’ispirazioni dal nostro passato, ma rielaborate al punto da necessitare un’attenta analisi dei costumi, dell’architettura e degli stili artigianali. Certo, si potrebbe obiettare: perché non lasciare ai lettori la possibilità di immaginare tutto questo nella propria testa, senza imbrigliare quei sogni ad occhi aperti entro i paletti di illustrazioni che, in un certo senso, pretendono di uniformare ciò che ognuno sarebbe libero di figurarsi a modo suo? Credetemi: il lavoro svolto non limita assolutamente le possibilità immaginifiche dei lettori, anzi, dal mio punto di vista non fa che offrir loro infinite nuove strade. Quanto è stato rappresentato non è che una parte irrisoria di trame che si estendono per migliaia di pagine, e mette a disposizione degli strumenti per facilitare l’immersione visiva in quel mondo così variegato. Semplici scalini, ma da lì in poi tocca al lettore proseguire, costruire tutto il resto con gli occhi del sogno.
ISABELLA: Quando si lavora a più mani come in questo caso, come si fa ad ‘uniformare gli stili’?
SEBASTIANO: Credo che l’ideale non sia tanto uniformare gli stili quanto piuttosto trovare un’armoniosa coesistenza di stili diversi e personali, in cui le diversità non emergano dall’insieme stridendo ma sia comunque garantita la loro giusta valorizzazione. L’interesse non è formare un gruppo di artisti “cloni” ma permettere alle specificità di ognuno di giocare un ruolo chiave nella riuscita del tutto. Anche la grafica, l’impaginazione, ha una parte fondamentale nel conferire unità e coesione, e bisogna prestare particolare attenzione soprattutto quando – come in questo caso – si cerca di ottenere uno stile dalla marcata personalità senza scadere nel kitsch o appannare il valore delle singole tavole. Mi auguro di aver trovato delle soluzioni che si pongano nell’aurea via di mezzo tra una grafica troppo “neutra” che rischi di risultare anonima, e una troppo “ricca” che penalizzi il lavoro dei singoli artisti.
Ringrazio SEBASTIANO B. BROCCHI per averci accompagnato in questo viaggio illustrato: le immagini qui riportate sono tratte dall’artbook e nel libro le ammirerete ancor meglio.
Vi lascio qualche link per poter approfondire:
- QUI il sito dedicato alla Saga di PIRIN
- QUI la fanpage dedicata alla Saga Fantasy
- QUI il sito dell’autore e artista Sebastiano B. Brocchi
- ACQUISTA QUI l’artbook di Pirin Civilizations
Sperando di avervi incuriosito abbastanza, vi saluto e vi do appuntamento alla prossima intervista!