“Tullo Ostilio” di Franco Forte, Mina Alfieri e Scilla Bonfiglioli

Amici Lettori,
è con immenso piacere che partecipiamo al blogtour organizzato da Roberto Orsi, blogger di Thriller Storici e Dintorni, dedicato ai romanzi NUMA POMPILIO e TULLO OSTILIO, nomi di personaggi importanti della storia dell’Antica Roma.

I libri, scritti a sei mani dagli autori Franco Forte, Mina Alfieri e Scilla Bonfiglioli, sono supportati da Mondadori nella loro pubblicazione.

Il tour si concluderà con una diretta con gli scrittori sul gruppo facebook di Thriller Storici e Dintorni venerdì 26 febbraio alle ore 21:30.

Bando alle ciance e buona lettura, con la recensione del romanzo TULLO OSTILIO.

La Recensione a cura di Daniela Tresconi

C’era un’epoca in cui gli uomini non aspiravano al paradiso dopo la morte e gli dei non chiedevano amore, ma sacrifici di animali, di sangue e riti propiziatori per ogni evento della vita quotidiana.

Eppure non tutti gli uomini erano disposti a credere che un Dio potesse influenzare l’esito di una battaglia, meno di tutti Tullo Ostilio, il terzo re di Roma.

Nel 673 a.c. Tullo Ostilio, dopo Numa Pompilio, diventa il nuovo re di Roma.

Tullo non era romano ma proveniva dalla gens Hostilia e dalla tribù dei Luceres, cioè degli etruschi, ancora amati e stimati a Roma, come non sarà più nei tempi a venire.

A differenza del suo predecessore, profondamente religioso, siamo di fronte ad un re-guerriero e bellicoso, la cui vita resta nei secoli collegata ad eventi di fondamentale importanza per la storia di Roma.

Gli autori ci raccontano le scelte di un uomo che si sente legato alla terra e al fango, che disprezza gli «auguri» che indirizzano lo sguardo al cielo verso il quale non potranno mai arrivare. Un re concreto Tullo Ostilio, che fissa obiettivi e combatte per raggiungerli, utilizzando la propria forza e la propria strategia, senza nulla chiedere agli dei.

“Tullo sentì gli auguri fremere, accanto a lui. Studiavano il cielo, leggevano la volontà degli dei nel volo degli uccelli…..e con una smorfia lui si rese conto che tenevano sempre lo sguardo rivolto verso l’alto, dove non sarebbero mai potuti arrivare. Lui invece apparteneva alla terra…Apparteneva a lui. E nessun dio avrebbe potuto negarglielo.»

Questa appartenenza alla terra si riconosce anche nella cover del romanzo: una pietra grigia sulla quale è stato inciso il nome di Tullo. Solo in apparenza può apparire quasi anonima, in realtà mai scelta fu più azzeccata, rappresenta il segno che il terzo Re è riuscito a lasciare, un segno indelebile che resta impresso nella pietra e nel cuore delle sue genti.

Nel momento stesso in cui viene incoronato, il Lupo di Roma delinea chiaramente il suo programma di governo:

«La pace è per i morti» era solito dire suo fratello Avilio. «Ma la guerra è per i vivi» E lui non desiderava altro che sentire i canti di guerra che avrebbero portato Roma a dominare il mondo»

Ciclicamente tutte le società hanno il bisogno di guerre, per desiderio di potere, per espandere i propri confini o per consolidare la supremazia su altri popoli, queste società hanno bisogno di condottieri, uomini forti, che con il loro carisma riescano a trascinare sotto il proprio vessillo soldati e popoli.

In questo romanzo Tullo Ostilio è raffigurato come la prima figura storica della serie dei Re di Roma, le sue scelte e azioni scriveranno pagine di battaglie e strategie raccontate nei libri di storia: la sfida tra Orazi e Curiazi, le vittorie sulla vicina Albalonga, su Fidene e su Veio.

Sotto i suo governo l’Urbe estende il proprio perimetro, avviando una delle prime migrazioni di massa di popoli in cerca di lavoro e benessere, una città multietnica, come verrebbe definita adesso, un primordio di globalizzazione presente già oltre duemila anni fa.

I tre autori raccontano non solo la storia di un Re ma la storia stessa della Città Eterna, della sua trasformazione, della sua crescita fino a diventare il fulcro di un grande impero.

«L’Urbe si era riempita di genti che parlavano lingue diverse e veneravano numi dai nomi nuovi. E tutte volevano una vita migliore, chiedevano una fetta di quella prosperità che i romani si erano guadagnati con il sangue».

E dove finisce la storia inizia l’alone leggendario e il mito: in primis attraverso le figure degli «hirpi sorani», i misteriosi sacerdoti pagani preposti all’esecuzione di riti purificatori che  celebravano i loro riti ancestrali sul Monte Soratte, in onore del Dio Lupo, un dio che veniva rappresentato con un mantello di pelle di lupo, le cui fauci erano poste sulla testa.

A loro Tullo rivolgerà una richiesta di aiuto dopo aver superato il rito di iniziazione: camminare sulle braci ardenti a piedi nudi.

Varrone narra che i sacerdoti riuscivano a farlo dopo essersi sfregati sulla pianta dei piedi “una droga che impediva l’azione del fuoco”.

Questi selvaggi uomini-bestia, ricordano da vicino i germanici berserkr (uomini-orso) e gli úlfédhnar (uomini-lupo), i terribili guerrieri-bestia che combattevano in uno stato di furore mistico ed erano in­sensibili al dolore.

Ma la battaglia finale che attende Tullo è quella contro i demoni che attanagliano la sua anima e che dalla morte della sua amata Clara non gli danno pace e soprattutto la battaglia contro gli Dei.

Fino a quando riuscirà a sfidare il grande Giove?

Sinistri presagi e una grave pestilenza, che colpì anche il Lupo di Roma, vennero giudicati come una punizione divina e lo indussero a ripristinare i culti religiosi che erano stati trascurati o addirittura abbandonati. Questo non fu sufficiente, il potente Giove, dopo trentadue anni di governo, decise che era arrivato il momento di punire questo re troppo presuntuoso.

La storia e la leggenda si confondono tra loro, Giove offeso dal comportamento irriguardoso di Tullo Ostilio lo uccide con una delle sue proverbiali saette.

Siamo di fronte ad un ottimo lavoro, un romanzo che unisce la ricerca storica ad un intreccio fluido, che consente una lettura mai pesante che scorre rapida pagina dopo pagina.

Assolutamente consigliato per il amanti del genere, un’occasione per conoscere gli eventi che hanno fatto diventare Roma La Grande.


TULLO OSTILIO
Il Lupo di Roma
di Franco Forte, Mina Alfieri e Scilla Bonfiglioli
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Tullo non ama gli dei. Non capisce l’ostinazione con cui il suo re, Numa Pompilio, li onora e li compiace con feste e preghiere. Come se i numi, quegli esseri oscuri e capricciosi, fossero lì per ascoltare le richieste degli uomini. Le sue, di sicuro, non le hanno mai esaudite, neanche il giorno in cui hanno lasciato morire Clara, la sua splendida moglie, una ragazza in boccio che faceva invidia alle ninfe. No, Roma non ha bisogno di sacrifici e orazioni; ciò che le serve è un sovrano che pensi al popolo, non a Giove. Un condottiero che renda l’Urbe sempre più forte, rispettata, temuta, perché nessuno osi attaccare i suoi cittadini. E quando, al funerale stesso di Numa, il popolo lo acclama come Lupo di Roma, suo terzo re, Tullo sa che la guerra e la conquista saranno l’unico scopo della sua esistenza. Perché Tullo Ostilio è un uomo feroce, infelice e tormentato dai fantasmi del passato, dai sensi di colpa per la morte di Clara. Ma è anche un monarca che ama intensamente il suo popolo, e a quella gente, alla sua potenza, consacra la vita. Le città vicine cadono sotto la straordinaria abilità dei guerrieri romani; anche l’odiata Alba Longa, la città fondata dal figlio di Enea, patria di Romolo, viene distrutta. Rimane da combattere la battaglia più temeraria: quella contro gli dei.

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