Amici Lettori,
cerchiamo di tornare sul pezzo nonostante la calura, i vari impegni e la vita fuori dal pc che reclama attenzione e tempo… oggi diamo nuovamente spazio al nostro P.A. Ferretti appassionato del mondo disneyano che ci accompagna verso una nuova principessa.
Articolo a cura di P.A. Ferretti
Ed eccoci arrivati a una principessa molto particolare, certo fra quelle del periodo una delle più amate e popolari, giunta a noi da una leggenda della lontana Cina.
Mulan
Che dire di Mulan che non sia già stato detto da… be’, praticamente da tutti?
L’ultima “principessa” ufficiale per un bel po’ di tempo, l’eroina della famiglia Fa è stata di modello a un’intera generazione di bambini, e probabilmente lo sarà anche per molte altre (sempre che un qualche genitore non preferisca introdurli alla storia prima con la versione live-action… vi prego, no!).
E per un buon motivo, o meglio: per una serie di buoni motivi. Andiamo a vederli insieme.
Se Pocahontas rappresentava una minoranza etnica, con Mulan si fa un passo avanti, introducendo di fatto la prima eroina Disney in generale a non essere di matrice europea o americana; insomma, gli anni ’90, con la loro spinta a una maggiore diversificazione che oggi è arrivata ad estremi paradossali, si fanno sentire.
A livello di caratterizzazione, qualcosa comincia a cambiare e in generale si inizia a distanziarsi un poco dal modello impostato dalle precedenti Belle e Ariel: mentre queste ultime e le principesse Disney vecchia scuola erano accomunate da un senso di frustrazione per la loro condizione sociale o personale e dal desiderio di “qualcosa di più”, di diverso o di migliore, qui la situazione è un po’ diversa. Mulan non è che sia frustrata con la propria condizione sociale e non desidera affatto lasciarsi alle spalle la realtà in cui vive, anzi: non c’è nulla che desideri di più dell’approvazione della propria famiglia, di un certo grado di riconoscimento assecondando i loro desideri e presentandosi alla cerimonia con la mezzana.
La frustrazione, in questo caso, deriva solo dal fatto che i ruoli e i comportamenti in cui tradizioni vecchie di secoli tentano di relegarla in quanto donna, semplicemente non sono lei, non la rappresentano per ciò che è (come esemplificato nella bellissima canzone “Reflection”). Lei vuole onorare la sua famiglia: anziché rifuggire la propria realtà, com’era il caso di Belle, Ariel o Jasmine, lei vuole sentirsi ancora più integrata in essa, ma agendo in un modo che rispecchi la sua vera natura, il suo spirito libero e intraprendente.
Di conseguenza, la sua qualità che rimane maggiormente impressa è l’ardore, la passione che mette in tutto ciò che fa, che si tratti di compiacere i suoi genitori e la mezzana (mettendo tutto a soqquadro nel tentativo di salvare la situazione) o che si tratti di travestirsi da uomo per prendere il posto del padre nell’esercito.
E questo ci indica, naturalmente, anche il grande amore e il rispetto che prova per la sua famiglia, e per il padre, cui si sente particolarmente legata.
E questo mi fa venire in mente un particolare che nessuno menziona mai: Mulan è, credo, l’unica principessa Disney finora ad avere tutti e due i genitori. Una cosa del genere non si ripeterà fino a Rapunzel (più o meno) e Moana.
Un’altra caratteristica fondante del personaggio è che Mulan non è perfetta.
Nonostante il coraggio e la sua natura intrepida, il suo personaggio viene trattato con realismo. Solo perché ha deciso di travestirsi da soldato, ciò non vuol dire che sia già una super-mega-combattente iper-straordinaria.
Come tutti gli altri, anche lei si deve addestrare, e duramente, per raggiungere il livello di abilità in combattimento che le permetterà di sconfiggere Shan-Yu alla fine. E deve anche lavorare sodo per guadagnarsi il rispetto degli altri suoi commilitoni, che arriveranno a trattarla come un loro pari solo dopo che lei si è dimostrata all’altezza della situazione facendo ciò che non è riuscito a nessun altro: prendere quella dannata freccia in cima al palo.
E naturalmente, aggiungiamo a tutto questo un giustificabile nervosismo nel doversi “comportare da uomo”, tentativi che per lo più finiscono solo per peggiorare la situazione.
Il che si ricollega in maniera molto intelligente al voler “essere se stessi” che caratterizza l’arco narrativo di Mulan: prima tentava di essere la docile massaia con la mezzana, ora finge di essere un uomo.
In entrambi i casi, fa finta di essere qualcosa che non è, e solo alla fine, una volta scoperta la sua vera identità, una volta deciso di andare comunque in soccorso dell’imperatore, una volta convinti gli altri soldati ad aiutarla impiegando metodi non propriamente ortodossi (“Non è che questo vestito mi ingrossa?”), abbracciando chi e cosa è davvero, Mulan saprà prevalere e spingere il mondo ad accettarla così com’è.
Se vogliamo che il mondo ci accetti, noi dobbiamo essere i primi ad accettarci, e solo accettandoci troveremo la forza di superare gli ostacoli che ci sbarrano la strada.
Alla luce di tutto questo, è ben comprensibile come Mulan sia un tale modello di riferimento per così tante persone, maschi o femmine, adulti o bambini.