di P.A. Ferretti
L’articolo di oggi sarà un po’ diverso dal solito, per un motivo molto semplice: le principesse Disney analizzate finora, infatti, hanno in comune l’appartenenza al gruppo di figure riconosciute ufficialmente, soprattutto nell’ambito del merchandising, come “Principesse Disney”.
Biancaneve, Ariel, Cenerentola, tutte loro fanno parte di quel brand che ancora oggi spopola fra il pubblico di bambini e bambine, spesso senza curarsi se ciò abbia addirittura un senso (Mulan, pur facendo parte di questo gruppo, certamente non è una principessa vera).
Il personaggio di cui andiamo a parlare oggi, invece, ne è escluso; e siamo qui per scoprire se a ragion veduta.
KIDA
E’ interessante il modo in cui, col passare del tempo, certe storie, film o figure particolari assumano per un certo tipo di pubblico un sempre maggiore fascino: alla sua uscita, sia pubblico che critica ignorarono “Atlantis – L’impero perduto”, così come il suo cast di personaggi, mentre oggi sono sempre più le persone che lo elevano al rango di capolavoro sottovalutato, e le figure al suo interno fra le più interessanti del canone disneyano. Questo include anche Kida. Perciò, questo fa sorgere la domanda: chi ha ragione? Andiamo a vedere.
Kida è unica nell’ambito delle protagoniste femminili di sangue reale dei Classici Disney, per un paio di ragioni non di poco conto: innanzitutto, non è lei la vera protagonista. L’onore e l’onere di quel ruolo spetta all’occhialuto Milo Thatch, il che rispecchia la volontà dei registi Gary Trousdale e Kirk Wise (“La Bella e la Bestia”, “Il Gobbo di Notre Dame”) di creare un diverso tipo di film Disney, più improntata all’azione fantascientifica del tipo già visto in “Stargate” rispetto alle fiabe che avevano dominato il decennio del Rinascimento.
L’attenzione rimane sempre e comunque su Milo: sono le sue vicende sulle quali ci si concentra e in funzione delle quali ruota tutto il resto; ciò ha degli effetti anche sul personaggio di Kida.
La seconda ragione è che, per via della sua identità, la figlia del re di Atlantide, appartenente al popolo la cui misteriosa civiltà rappresentano la meta ultima da raggiungere per i “veri” protagonisti, Kida entra in scena solo in fase avanzata della trama. Questo le lascia meno tempo del solito per farsi valere, tanto più che per tutto il corso del terzo atto viene relegata sullo sfondo, lasciando ancora una volta campo libero a Milo e la sua banda di pittoreschi mercenari.
E ultimo, ma non meno importante: fra tutte le principesse, Kida è quella che vanta l’età più avanzata, cioè la bellezza di oltre ottomila anni.
Dunque una principessa, a tutti gli effetti, ma non la protagonista della sua storia; e visto il poco screentime che le viene dedicato, a prima vista sembrerebbe che renderla interessante e provvista di una personalità carismatica sia quasi impossibile. Be’, sì e no.
La buona notizia è che Kida ha una personalità ben distinta: è intraprendente, curiosa di ciò che si trova nel mondo in superficie (Atlantide infatti si trova in profondità sotto terra) e delle culture che vi abitano; come tutti i suoi consimili, è consapevole della decadenza in cui versa il suo popolo, e allo stesso modo ne porta le tracce (non sa leggere); ma sembra essere una dei pochi, se non l’unica, attivamente intenta a cercare una soluzione, e senz’altro la sola a credere che essa possa risiedere negli stranieri appena giunti da sopra.
Oltre a questo, qua e là si fanno intravedere accenni di sarcasmo, giocosità nel suo rapporto con Milo, e la naturale fierezza della guerriera (infatti è una buona lottatrice). In questo le giova la sua ovvia agilità fisica. E’ inoltre capace di parlare numerose lingue, oltre alla sua, il che le permette di comunicare con gli stranieri senza problemi.
Non è poco, in effetti, ma ecco la cattiva notizia: tutto ciò che ho appena elencato lo si è già visto prima in altre principesse. L’intraprendenza è stata una caratteristica costante di tutte loro fin dai tempi di Ariel, la curiosità per la superficie e il conflitto con il padre che ne deriva sono ripresi per filo e per segno dalla Sirenetta, l’agilità fisica e l’aura esotica caratterizzavano già Pocahontas e così via.
A onor del vero, il modo in cui si gioca con alcuni cliché tipicamente disneyani (il motivo dietro l’assenza della madre è originale e costituisce un tassello importante non solo della backstory del personaggio, ma anche della cultura atlantidea in generale) è interessante, ma si tratta di aspetti affrontati con eccessiva superficialità e sui quali si glissa fin troppo, con l’effetto di risultare del tutto inefficaci.
Il film è troppo concentrato sul mantenere il ritmo elevato e mandare avanti la trama e l’azione per concedersi delle pause, e questo purtroppo ha un effetto negativo su tutto il cast, inclusa Kida. Per ovviare alla mancanza di tempo e al ritmo veloce, si cerca di rendere i suoi tratti caratteriali enfatizzandoli al massimo in modo da renderli il più chiari possibili fin da subito, e purtroppo questo li rende in certi punti o caricaturali, o così marginali da essere quasi inesistenti (il rapporto con il padre non viene mai veramente inquadrato, visto che condividono una sola, breve scena, che comunque viene usata più per spiegazioni che altro).
Il problema più grande, però, è la totale assenza di Kida nel terzo atto: essa viene infatti assimilata dall’energia senziente che protegge Atlantide e i suoi abitanti, il che la trasforma in una versione “cristallizzata” di sé stessa, inerme e passiva, alla mercé dei cattivi. Questo la esclude del tutto dal climax della vicenda che, come già accennato sopra, vede ancora una volta Milo e i suoi a prendersi il merito, e a posteriori risulta una scelta narrativa infelice, oltre che priva di logica: se lo scopo dell’energia, in caso di pericolo, è proteggere Atlantide, a che scopo rendere Kida un’enorme figura di cristallo che possa essere tranquillamente portata via? E come mai agisce così soltanto con lei, dopo che, nel prologo, l’avevamo vista agire in modo diverso e ben più funzionale, proprio come avviene anche nel finale? I registi e sceneggiatori hanno ammesso più volte di aver dovuto tagliare una notevole quantità di materiale, ed è ovvio che il risultato finale soffra di questi tagli, dell’esigenza di mantenere la durata di un film d’animazione, dove ogni secondo costa una montagna di soldi, nei limiti standard di non più di un’ora e mezza. Tutto questo nega a Kida una partecipazione attiva alla risoluzione della vicenda, visto che anche alla fine, quando l’energia di Atlantide si risveglia per salvare la città dall’eruzione di un vulcano, non è veramente lei ad agire, ma l’entità che l’ha posseduta. Si ha anche la sensazione che, assumendo il ruolo di regina di Atlantide alla fine del film, ciò abbia portato a compimento un arco narrativo che però non è mai stato davvero introdotto.
Dunque, per tirare le somme, Kida aveva le carte in regola per diventare un ulteriore, solido esempio di coprotagonista disneyana, ma il tentativo viene minato alla base da una scrittura incerta e una malsana ossessione sul ritmo e l’azione prima di tutto che contamina il film nella sua interezza.
In ogni caso, rimane la domanda che ci siamo posti all’inizio: tutto questo è sufficiente a spiegare l’assenza di Kida dal brand ufficiale?
A mio parere, no. E questo perché non credo ci sia un valido motivo per escluderla: è evidente che la principale causa di questa esclusione è la sua presenza in un film che non è una fiaba e che, più importante ancora, è stato un fiasco colossale al botteghino. A nessuno piace ricordare i propri insuccessi, e la Disney non è da meno. Kida ha pagato lo scotto di essere apparsa in uno dei momenti più infelici della storia Disney, dove fiabe e principesse “standard” non erano d’interesse alla company, né agli artisti che vi lavoravano, e soprattutto dove ogni nuovo progetto diventava quasi senza esclusione un flop. E questo è un peccato, perché, a dispetto dei difetti nella caratterizzazione, Kida rimane senza ombra di dubbio una principessa, sia di fatto che nel nome in quanto figlia di un re; e dunque dovrebbe essere riconosciuta come tale.
Dispiace solo che le sia stato riservato così poco spazio all’interno del film: infatti, da quel poco che si evince, sia Kida che la cultura atlantidea in generale contenevano un sacco di potenziale, che per esigenze di ritmo e durata sono purtroppo rimaste in gran parte inesplorate.
CURIOSITA’
- Il personaggio di Kida venne supervisionato da Randy Haycock, che già aveva fatto parte del team di animatori di Pocahontas e in seguito si occuperà del principe Naveen di Maldonia in “La principessa e il ranocchio”. In modo da renderla esteticamente diversa da altre principesse, Haycock passò in rassegna numerose riviste di modelle e le conferì un naso un po’ più largo e labbra più carnose.
- La voce di Kida è dell’attrice Cree Summer, una doppiatrice veterana e attivissima in televisione, dove ha prestato la voce in serie come Tiny Toons, Pinky Elmyra & Brain, Batman Beyond, Rugrats e molte altre.
- Come gli altri personaggi, il design di Kida è influenzato dallo stile unico dell’artista Mike Mignola.
- La lingua degli abitanti di Atlantide venne sviluppata niente meno che da Marc Okrand, famoso linguista responsabile della creazione della lingua dei Klingon nel franchise di Star Trek.