La stanza dei giochi di Francesco #8 The importance of dice rolling

Salve a tutti lettori e ben trovati per
una nuova uscita della stanza dei giochi di Francesco. Torno dopo una
consistente pausa a scrivere dopo aver promesso nuove idee, ma si sa le idee
vengono quando vogliono loro. Come detto nel mio precedente numero avevo
promesso di soffermarmi su alcuni argomenti del gioco di ruolo, e oggi
finalmente andremo a parlare dell’importanza dei dadi nel gioco di ruolo.

Voglio fare una premessa visto che questo
è un discorso da prendere con le molle; qui non andrò a indicare quale gioco
sbaglia, quale gioco fa bene, perché è ovvio che ogni giocatore/master ha e
avrà modi di approcciarsi al gioco diversi (come diversi sono i manuali e i
regolamenti pubblicati nel corso degli anni). Quando vado a toccare tale
argomento, è perché voglio esporvi le mie esperienze nel campo ed esporvi le
mie conclusioni, cercando di essere più obbiettivo possibile e accurato nel mio
discorso.

Il titolo dell’articolo già dovrebbe far
capire come io ritenga importante la presenza dei dadi in un RPG; questa mia
prima affermazione nasce non tanto dall’esperienza ma da una precisa
affermazione; il fato deve essere sempre presente; si può diminuirne la
portata, è possibile relegarlo solo in alcuni momento del gioco, ma è un
fattore che non può e non dovrebbe essere mai cancellato; comprendo benissimo
quei giocatori che, fatto un pg in un certo modo, e potenziato in modo da
renderlo un esperto in uno specifico campo, rosichino per un fallimento dettato
dal caso, ma esiste e può sempre avvenire. Durante una battaglia può sempre
cadere su un personaggio una freccia, mentre si scassina una serratura si può
sempre rompere un grimaldello e mentre si investiga, una prova può sempre
essere mancata. Può sembrare tutto questo fatalista, ma sia che si voglia un
gioco realistico che non realistico gli ostacoli del fato possono sempre
avvenire, e ritengo ancora oggi che i dadi siano l’attuale strumento migliore
per gestire questa variante.

Qualcuno potrà ribattermi che vi sono modi
per giocare anche senza tiri di dado, che sono stati creati giochi di ruolo,
proprio per non portare ai lanci del fato, alla presenza del master etc. etc.
Io risponderei che, si esistono strutture di gioco del genere, soprattutto tra
i nuovi giochi esistenti, ma per la maggior parte di essi, io uso il termine di
giochi narrativi, che in sostanza non sono altro che uno spettacolo teatrale
spostato su di un gioco (vedi giochi come on stage ma ce ne sono altri). Qui
sta quindi la differenza con questi giochi è la cancellazione o meno della
presenza del fato nel gioco.

La domanda giusta da porre quindi potrebbe
essere: “quanto spazio dare al tiro di dado”?

Precisiamo meglio la domanda: in un gioco
X che da ambientazione, regole e dati di vario genere, quanto il tiro di dado
deve essere dominante? Sempre usando la mia esperienza potrei dire che questa
strada per quanto sia forse la migliore possibile, deve essere seguita con
cautela. Il diminuire l’uso del tiro di dado potrebbe consistere in una
semplice diminuzione da parte del master dei lanci richiesti al giocatore,
quanto un modifica più o meno netta al regolamento. Cercherò di essere chiaro.

Sono tanti i giochi che usano statistiche,
tabelle e calcoli per la decisione finale da prendere su certi avvenimenti in
una storia, quindi decidere di forzare il gioco nel diminuire tali lanci può
portare come conseguenza diretta a delle necessarie modifiche al sistema in uso
in quel momento. Forzare un sistema non è la scelta di non usare una cosa o
un’altra ma è scegliere di forzare il concetto su cui si basa il manuale con
cui si sta giocando; si potrebbe rispondere direttamente che ognuno può
scegliere di modificare, forzare e togliere ciò che vuole mentre sta giocando,
è questo lo trovo ragionevole se si tratta di qualcosa che sta rallentando una
sessione di gioco o sta banalizzando una trama, ma sinceramente trovo assurdo
comprare un manuale di gioco (pagandolo il più delle volte una bella cifra) per
poi andare a prendere, togliere, aggiungere regole rischiando di tramutare il
gioco in qualcosa di diverso dall’origine. Li mi chiedo allora perché scegliere
questa strada e non usare un sistema universale generico e impostare da li un
proprio regolamento; è più economico e più facile visto che quando si iniziano
a modificare cose su cose in un gioco si rischia di non uscirne vivi.

Ecco perché trovo sempre meglio fare molta
attenzione in questo genere di cose e comprendere bene come rendere meno presente
il lancio del dado, o meglio in cosa lasciarlo. Quando si gioca con vari
giocatori con le proprie qualità e difetti e con sfaccettature e personalità
diverse, si comprende meglio come mettere in pratica questa idea (idea che però
tengo qui a precisare deve essere una scelta di colui che guida il gioco, il
master deve avere assolutamente in questo l’ultima parola); come già detto ci
sono azioni o avvenimenti per i quali un lancio di dado debba esserci, ma in
altri o non è fondamentale, oppure può essere lasciato solo come “estrema
ratio” in talune situazione. Gli esempi che mi vengono più facili sono
situazioni sociali: in un gioco fortemente poggiato su politica, discorsi tra
persone e rapporti di qualche genere, effettivamente si può scegliere di
lasciare il risultato o meno di certe azioni al modo in cui i giocatori
decideranno di giocarsela; dai modi, il tono di un discorso o le parole dette o
scelte, il master può decidere senza alcun tiro come andrà avanti l’avventura,
come saranno i rapporti tra giocatori e PNG, e altro ancora.

Questa scelta di gioco, ovvero lasciare
che i giocatori dimostrino la possibilità di far avvenire con successo o meno
qualcosa, può avere riutilizzi più o meno sicuri in altre situazioni. Ad
esempio in situazioni tecniche, mentre si costruisce qualcosa, o si studiano
formule magiche o si preparano apparecchiature elettroniche; le situazioni
manuali a volte richiederanno un tiro di dado, ma di certo il sentire
l’approccio del giocatore a tale atto, oltre un semplice “inizio a lavorare/inizio
a studiare” può dare l’input al master per sentire come il pg di turno
esporrebbe un suo approccio al lavoro. Si va a toccare un punto critico quando
si pensa a dei combattimenti, o meglio agli scontri fisici, con l’uso di armi o
incantesimi di sorta.

Qui la presenza dei dadi è molto cruciale,
qui il fato o il destino possono veramente fare da protagonisti, probabilmente
per questo moltissimi giochi che fondano tutto il loro gioco sull’investigazione,
quasi non tengono da conto i combattimenti, per la troppa casualità che
l’evento può prendere. Quindi qui crolla la mia ipotesi? Si…in parte almeno,
perché se quello che ho scritto prima è la verità, c’è da ricordare che un
bravo master può tenere da conto le scelte in combattimento dei giocatori: tattiche,
idee, decisioni su come fare una imboscata o un attacco a sorpresa; decidere di
posizionarsi in un modo o difendersi in un altro, combattere specifici
avversari con un sistema diverso da quello solito. Sono tutte cose che più che
cancellare il tiro di dado, possono consegnare ai giocatori (sempre se il
master si ritenga soddisfatto) forti bonus al lancio in modo da dare quasi un
successo automatico; il contro di questa cosa è che i giocatori devono quasi
obbligatoriamente avere reali idee strategiche e piani reali e non improvvisati
sul momento, o il rischio è che un master (soprattutto sadico) possa usare le
idee per creare grossi guai ai giocatori stessi; ciò indica quindi una
divisione tra chi conosce e chi no, ma questo vale per molte fasi di un’avventura
in un gioco di ruolo.

Volendo concludere tante possibili
banalità…Molti (o solo chi ha resistito fino ad ora) potrebbe quindi dire che
“La soluzione sta nel mezzo” ma in realtà non è così. Quello che ho cercato di
esporre qui non è che la soluzione tra nessun dado è eccessivi dadi, sta nel
scegliere quando e cosa tirare; il concetto del lancio del dado è una presenza
fissa, una colonna portante di un gioco di ruolo. Toglierlo, modificare il
destino, voler dare solo spazio alle scelte personali, possono portare il gioco
solo verso una trama già modellata; invisibile forse ma quella che si andrà a
creare sarà una trama di uno spettacolo che con il tempo, e con le giocate
rischia di volgere solo verso un unico binario, togliendo tanto al gioco e al
divertimento; divenendo quindi altro.

Quindi che sia sempre presente questo
cardine, ma si ricordino i giocatori e i gruppi, che non siamo robot pronti
solo a calcolare statistiche è che un qualsiasi gioco è la porta d’accesso a
un’avventura che ha bisogno soprattutto della passione, dell’equilibrio, del
voler stare assieme, e soprattutto di lanci di dado estremamente fortunati,
perché di quelli in una missione non se ne hanno mai abbastanza, sempre.

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