Blogtour Bestie d’Italia – volume 2 – Terza tappa

Eccoci finalmente arrivati alla terza tappa del blogtour dedicato a Bestie d’Italia volume 2, la raccolta di racconti fantastici edita da NpsEdizioni.

La nostra tappa ospita una bella intervista a Giuseppe Chiodi che ci parlerà del suo racconto «L’Orcul di Len»




Benvenuto sul blog.

Ciao e grazie per l’ospitalità!

Cos’è per te il fantastico? Cosa rappresenta?

Il fantastico mi ha sempre affascinato, che fosse sotto forma di videogiochi, libri, film, illustrazioni e così via. Ciò che mi attira così tanto è, probabilmente, non la fuga, ma la capacità di reinventare la realtà, di dare un nuovo significato all’esistenza.

Ciò che vedo dietro le tante forme e bizzarrie fantastiche sono… le gesta. Le imprese sovrumane di chi abbatte draghi, seduce streghe, salva villaggi in fiamme o si abbandona all’empietà, alla licantropia, alla vita non-vita del Lich.

Iniziazione, ispirazione, superamento.

Per me il fantastico è Mitologia.

Com’è nato il tuo racconto?

L’Orcul di Len è nato dalla mia volontà di raccontare lo smarrimento di chi perde di vista il senso delle cose, il motivo per cui si va avanti, il collegamento tra le parti e lo scopo della propria vita. Volevo parlare di un uomo inaridito dalla solitudine, tanto da dimenticare la sua identità. Di un uomo incapace di ritrovare sé stesso (almeno in apparenza…).

Ma ritrovarsi permette di ritrovare gli altri, di abbattere ogni smarrimento e di spezzare ogni solitudine.

Quali creature fantastiche conosceremo leggendolo?

Nel racconto troverete, come figura principale, l’Orcul (Orco) o Orcolat (Orcaccio) friulano. Si tratta di una creatura colossale, sebbene possa rimpicciolirsi a piacimento. Essa è rappresentata, secondo tradizione, coi piedi poggiati sui picchi di due montagne. In piedi, quindi, ma addormentata.

L’Orcul ha una cattiva fama in Carnia, a causa del terremoto del ’76 (chiamato, per l’appunto, Orcolat). Si dice, infatti, che il risveglio della creatura provochi scosse telluriche. Inoltre, nella sua forma rimpicciolita, l’Orcul ama tirare scherzi a mandriani, donne e contadini.

Sullo sfondo della storia, però, fanno la loro comparsa altri salvans del bagaglio folkloristico friulano: parlo degli svariati folletti locali, come gli sbilf, il Maçarot, sua moglie Ridùsela, il Gyan, Grandinili e chi più ne ha più ne metta.

Dove è ambientato il racconto? Perché questa scelta?

L’Orcul di Len è ambientato nella Valle del But, tra le Alpi Carniche. A Sutrio, in particolare. Si tratta di un paese magico, caratterizzato da un borgo antico e pregno di tradizioni. Come la passione per i presepi e per la lavorazione del legno, rispettivamente celebrate durante la rassegna Borghi e Presepi e la Magia del Legno.

Un posto così ricco di fascino non poteva non ispirarmi. Mi sono limitato a sfruttare le sue peculiarità per comporre i dettagli della storia, il cui tema e il cui soggetto (l’Orcolat) mi erano già chiari in precedenza.

Un piccolo estratto del racconto.

 «Suvvia, umano caro». Ridùsela coglie un finferlo e lo inforca dietro l’orecchio. «Non avere timore. Sei arrivato fin qui e ci hai trovati; dobbiamo pur ricompensarti».


Giro attorno al macigno. E se fosse una trappola? Papà e mamma mi mettevano in guardia dai folletti, quand’ero piccino. È uno dei pochi ricordi che ho di loro.


E se non lo fosse?


Sotterro la mano e frugo tra le foglie. La consistenza abrasiva viene meno; le unghie scavano nel terriccio molle e umido. Qualcosa serpeggia tra le dita.


Reprimo un moto di disgusto e affondo il polso invece di ritrarmi. Il sudore che ho versato non sarà stato vano. Sono ancora lì, solo, nel mio laboratorio; io e i miei piani, io e i miei sogni, io e nient’altro sin da quando ero ragazzo. È stata una vita triste, sì, ma non priva di senso. Per l’arte bisogna essere pronti a correre dei rischi.


M’immergo nella melma fino alla spalla. Sfioro la parte sommersa del masso.


«Ah!» grido.


Estraggo qualcosa dal sottosuolo, forse un tartufo. Schiudo il pugno, ripulisco l’oggetto dal fango: una corteccia innervata da riflessi azzurri. «È… è meravigliosa. Come ve la siete procurata?».


Tuc! Tuc! Tuc! Il Maçarot batte il suo bastone contro un arboscello. «Ma ce domandis fasistu? Col mio mazzapicchio, no? Ce n’è altra là sotto».


«Grazie». Riprendo a scavare. «Creerò il presepe più bello della Carnia, costi quel che costi».


«Ne siamo sicuri, umano caro» sogghigna Ridùsela.

Quale canzone abbineresti alla lettura del racconto?

https://www.youtube.com/watch?v=H9vd7pKxnvw

(FFX HD Remaster – Servants of the Mountain)




Ma chi è Giuseppe Chiodi?


Giuseppe Chiodi nasce nel 1992, a Napoli.

Dopo il diploma, termina il suo primo romanzo e segue il corso di narrativa di AgenziaDuca.it. Inizia a lavorare saltuariamente come traduttore freelance (dall’inglese all’italiano) e consegue un certificato Cambridge English di livello C2.

In seguito, partecipa al corso di formazione editoriale dell’agenzia Herzog e affronta un tirocinio presso la CE Tullio Pironti di Napoli.

Nel 2017 apre il suo blog letterario, Immersività. Nel 2018 pubblica Cuore di Tufo, romanzo dark fantasy in cui le leggende napoletane prendono vita.

Come è possibile avere copia dell’antologia?

Disponibile su tutti gli store di ebook


Disponibile su tutti gli store di libri, in libreria (distribuzione Libro.co) e sul sito NPS Edizioni.

Sito NPS: https://www.npsedizioni.it/p/bestie-ditalia-volume-2/


Non fatevela scappare

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