“Cacciatori di Kamikaze” di Will Iredale [Recensione]

Salve
a tutti lettori e benvenuti a questa nuova recensione. Oggi sono qui per presentarvi
un libro molto diverso dal solito: perché si tratta di un “Saggio” storico,
leggermente romanzato (ovvero con l’inserimento di testimonianze che narrano
dei fatti che però toccano solo in parte la scrittura del testo). Parliamo del
libro “Cacciatori di Kamikaze”.

Titolo: Cacciatori di
Kamikaze – Lo scontro decisivo

Autore: Will Iredale

Editore: Newton
Compton

Data di uscita: 2016|
pag. 374

Traduttore: V.
Cabras, M. Cerato, F. Iannelli

Pochi sono sopravvissuti.
Questa è la loro storia raccontata per la prima volta.

La storia vera degli eroici piloti che vinsero il conflitto del Pacifico nel 1945

I kamikaze, i piloti suicidi giapponesi, sono stati determinanti durante la seconda guerra mondiale, nel conflitto che ebbe luogo nel Pacifico: i colpi inferti agli Alleati non erano soltanto militari (navi affondate, uomini uccisi), ma anche e soprattutto psicologici. I soldati anglo-americani erano spiazzati, impreparati, terrorizzati. La lucidità, i piani, le tecniche apprese si rivelavano inutili contro nemici pronti a morire. Pochi uomini sono sopravvissuti a quegli attacchi suicidi. E alcuni di loro sono ancora vivi: sono soldati che hanno rischiato la vita per sconfiggere un nemico non convenzionale e imprevedibile. Will Iredale ricostruisce le loro storie, le loro vite, le loro esperienze, dopo avere avuto accesso a documenti militari resi pubblici solo di recente, ai loro diari, alle loro terribili testimonianze dirette. Un libro straordinario, che getta una nuova luce su fatti di guerra ancora poco noti.

 

L’ho Letto: come mi è sembrato? 

Il
libro di cui vi andrò a parlare non solo è diverso perché non si tratta di un
romanzo, i temi che tocca e che espone tra le pagine del libro parlano di
qualcosa che spesso tocca ancora una storia a noi vicina, una storia che ha
portato conseguenze sul nostro mondo. Parlare della Seconda Guerra Mondiale,
delle battaglie e dello scontro bellico tra l’Asse e l’Alleanza, non è mai una
cosa facile; fortunatamente la questione presa in esame dall’autore va a
collocarsi geograficamente lontana dalle atrocità viste in Europa, nell’ambito dello
scontro nel Pacifico. Qui vedremo la storia e l’esperienza dell’aviazione della
marina Britannica; un esercito di cui si sa poco e che non viene quasi mai
tenuto in considerazione nella guerra del pacifico contro i Giapponesi; fu compito
loro, come per tanti altri soldati dell’alleanza nel Pacifico di essere i
cacciatori di quegli aeroplani, gli zero, dell’aviazione giapponese, che più di
un problema creò nell’avanzata dell’alleanza in territorio nipponico.

Cosa
mi è piaciuto

Quello
che mi ha colpito di più di tutta la lettura è stata la capacità dello
scrittore di rendere molto dettagliata la storia della FAA, in altre parole la
forza aerea della marina britannica; non si tratta di coinvolgimento emotivo o
di capacità di scrittura, ma parliamo dell’estrema cura nello spiegare e
analizzare l’evoluzione che ha avuto questo ramo dell’esercito della Gran
Bretagna, prima e durante la Seconda Guerra Mondiale; i metodi di reclutamento
e di allenamento; la preparazione a trecentosessanta gradi al volo e a pilotare
aerei che non erano nemmeno il meglio che l’Inghilterra poteva avere;
l’attenzione e la cura nell’imparare ogni movimento dell’aereo dal decollo
all’atterraggio, soprattutto quando lo scontro contro i giapponesi e i tedeschi
porterà alla creazione delle portaerei ritrovandosi quindi a rampe di
atterraggio su grosse navi, molto strette e limitate; la precisione era
necessaria semplicemente per non morire. È quindi descritta la nascita
dell’aereonautica da dopo la Grande Guerra conclusasi nel 1918, e di come il
Regno Unito si preparò a divenire una delle potenze dei cieli. Si osserveranno
in questa dettagliata storia, anche le storie di alcuni dei piloti dell’FAA,
dei loro allenamenti e i loro svaghi, delle preoccupazioni e della guerra
soprattutto contro l’esercito giapponese. Sì perché quello dell’aviazione della
marina britannica è uno degli eserciti “fantasma” della guerra. Poco si sa e si
conosce della presenza Inglese nel Pacifico, luogo che fu lo scontro di guerra
principalmente degli Americani, poco si sa dell’importante presenza dei piloti
della Gran Bretagna in quel teatro tanto lontano da casa. La non facilità ad
ambientarsi al luogo e alla guerra contro i Kamikaze giapponesi e l’importanza
della caccia agli zero sempre tutto attorniato dalle storie vissute dei piloti,
spesso menzionate con le lettere che i soldati spedivano a casa, nelle quali
raccontavano il peso della guerra vista dal Pacifico. Altro punto importante è
il commento oggettivo dello scrittore: non si fa propaganda pro Anglo
Americana, non è un libro contro gli eserciti dell’asse; l’autore porta le
esperienze dei soldati e dei piloti, gli alti e bassi della guerra e anche le
critiche a tutto questo scenario; un esempio è la visione dei piloti britannici
che hanno degli Stati Uniti. Quando i soldati si addestrano, notano come gli
USA seppur in guerra non sembrino dare la sensazione di esserlo realmente.
L’immagine sorpresa di giovani piloti provenienti da una nazione bersagliata
dagli attacchi dell’Asse, mentre lì nelle città Americane tutto sembrava
proseguire come se nulla stesse avvenendo nel resto del mondo. L’oggettività
che lo scrittore da degli eventi è forte e si deve tener da conto mentre si
legge questo libro.

Cosa
non mi è piaciuto

Sarà
che è in pratica un saggio storico, sarà che sono abituato a libri di narrativa
o romanzi, sarà anche che una disanima ben attenta e oculata della questione
presa in esame dallo scrittore, ha bisogno dei suoi tempi e della sua lunghezza
(nemmeno troppo ampia come pagine) e di un’adeguata precisione in quello che si
scrive, ma ho trovato la lettura troppo lenta e farraginosa. Ogni pagina era
piena di particolari e questo porta a doversi concentrare e stare attento,
tanto che la lettura diventa molto lenta. La scrittura molto dettagliata non
aiuta la fluidità del lettore che si ritroverà con molti dati, note e appunti
da tenere da conto, trovandosi quindi a rallentare la lettura, che seppur molto
interessante rischia a un certo punto di diventare noiosa. Ci si aspetta,
infatti, che si vada subito a parlare della Seconda Guerra mondiale e l’inizio
del libro pare andare in tale direzione. Bastano però pochi capitoli per capire
che invece vi sarà una descrizione di tutta la storia di questa aviazione della
marina britannica fin da prima dello scoppio della guerra. Può piacere? Senza
dubbio ma renderà ancor più lenta la lettura e a tratti piena d’indicazioni che
forse non servivano alla comprensione della storia. Infine una cosa che trovo
particolarmente poco utile è inserire le note a piè di pagina alla fine del
capitolo e non nella pagina stessa in cui vi è l’annotazione. Scelte editoriali
forse ma trovo stancante andare a vedere le note a fine capitolo e tornare
indietro per proseguire la lettura; problema non grosso con un libro cartaceo,
ma più presente se il libro viene letto via e-book.

Tutto
sommato abbiamo davanti tra le mani un’opera ben fatta e che punta a due cose:
la precisa descrizione dell’ambiente che abbiamo davanti e una certa
oggettività nel parlare di una guerra non facile né da ricordare e narrare né
da commentare. Non ci sono solo momenti belli e gloriosi; ci sono momenti
pesanti e pericolosi, ci sono critiche ai metodi usati e agli alleati; ci sono
alti e bassi ma soprattutto ci sono storie di soldati che diedero la vita per
il loro paese e per quello che ritenevano giusto, ma sono vicende che la storia
poco ha narrato e conservato.

«Tutti
continuano a pensare che là ci fossero solo gli Yankees» mi ha confidato
sospirando Keith Quilter, sorseggiando una pinta di birra, ormai felicemente
piantato sulla terra ferma in un pub dell’area di Romney Marsh, qualche
settimana dopo quel primo incontro nel prato del paese. «Perfino gente che
quella guerra l’ha combattuta davvero. Invece c’eravamo anche noi, e tutte le
nostre portaerei sono state colpite dai kamikaze. Al giorno d’oggi, nessuno
sembra averne memoria. Se gli uomini di Birmania sono l’esercito dimenticato,
Be, noi siamo la flotta dimenticata »
“.

Questo
è forse il vero messaggio del libro, non ricordare una vittoria, non ricordare
degli eroi…ma ricordare cosa avvenne e quanto sangue e dolore è stato versato;
ricordare per imparare e cambiare per migliorarsi; solo così potremmo veramente
rendere onore ai cacciatori di Kamikaze.

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