The Other Side of Disney #1 – Biancaneve

Amici del Web,
con immenso piacere inauguriamo la rubrica THE OTHER SIDE OF DISNEY che sarà curata da P.A. Ferretti, un nuovo collaboratore di talento scovato tra gli utenti della famiglia di Scrittori & Lettori Fantasy.
Lascio subito a Lui la parola, giacché ci spiegherà anche come nasce questa sua attenzione ad un mondo che abbraccia molte generazioni.

Buona lettura!

Articolo a cura di P.A. Ferretti

Di recente mi è capitato di partecipare a una discussione riguardante un libro di Neil Gaiman che non conoscevo: l’argomento riguardava le principesse Disney e le critiche che spesso a loro vengono rivolte. Allora mi sono ritrovato, per l’ennesima volta, a sorbirmi le solite argomentazioni su quanto quei personaggi siano deboli, indifesi e in generale un pessimo modello per i bambini di oggi e non solo.

Sono da sempre stato un grandissimo fan di qualunque cosa abbia a che fare con i Classici e l’animazione Disney, dunque comprenderete la rabbia che mi fanno certe opinioni, tanto più se vengono sbandierate come se fossero dei fatti inoppugnabili.

Perché a parer mio c’è molto di più in questi personaggi sotto la superficie, molti aspetti che sono presenti ma che la gente non riesce a vedere o non si dà pena neanche di cercare. E non parlo solo delle principesse Disney, ma di altri personaggi ancora.

Per questo motivo ho deciso di pubblicare una serie di articoli, ciascuno riguardante una figura specifica, e prenderla in esame in modo da portarne alla luce pregi e difetti, luci e ombre, al meglio delle mie possibilità analitiche.

Comincerò dalle Principesse perché loro sono l’argomento che ha, per così dire, scatenato il mio impulso a parlarne e poiché è mia impressione che molte di loro, ancora oggi siano viste in maniera distorta e poco veritiera; inoltre, se trovate questi articoli di vostro gradimento, cari lettori, passerò in rassegna altre categorie di personaggi, anche su richiesta, se l’idea vi tenta.

Non perdiamo altro tempo e procediamo con ordine, iniziando con la prima Principessa mai partorita dalla Disney.


Biancaneve

BIANCANEVE E I SETTE NANI
Walt Disney – 1937

Nelle varie discussioni che si sentono e si leggono in giro, pare che Biancaneve sia, fra tutte le principesse Disney, quella più osteggiata, o comunque vista con maggiore scetticismo, per dirla con un eufemismo, quella in cui le caratteristiche negative presenti anche in molte altre siano più marcate ed evidenti, e il film stesso viene spesso messo da parte quando si discute dei grandi Classici Disney.

Ora, premetto che già solo per il capolavoro tecnico e il capostipite della lunga lista di classici che è, oltre per il fatto di aver ispirato numerosi film successivi a livello estetico (fra cui “Quarto Potere” di Orson Wells [1941] o “Il mago di Oz” [1939]), “Biancaneve e i sette nani” (1937) meriterebbe molto più rispetto di quel che riceve. Ma questo è un discorso per un altro momento: veniamo ora al personaggio della principessa.

Da una parte posso capire la predisposizione di molti a provare un certo fastidio nei suoi confronti, o comunque a non prenderla molto sul serio; ma ritengo sia più una questione di gusti personali e non un oggettivo problema con il personaggio in sé. Una cosa che a molti sfugge, infatti, è che Biancaneve è figlia del suo tempo, una figura nata nel contesto culturale degli anni ’30 e dunque caratterizzata da un aspetto, un atteggiamento e una personalità che all’epoca erano bene o male la normalità, non meno della Judy Garland de “Il mago di Oz” (1939), la Joan Fontaine di “Rebecca” (1940) o la Ingrid Bergman di “Angoscia” (1944). É comprensibile che a qualcuno non possa piacere un certo tipo di approccio alla figura femminile e che possa risultare indigesto, ma è un elemento che non si può trascurare: troppo complesso e legato a una precisa situazione socio-culturale per definirlo un problema, quanto più un ostacolo soggettivo per lo spettatore moderno.

Per quanto riguarda la personalità di Biancaneve, ciò che balza subito all’occhio sono la gentilezza e la bontà d’animo di cui è dotata: si tratta senza dubbio di ottime caratteristiche di cui nessun essere umano dovrebbe essere privo, anche solo in minima parte. Ma l’impressione generale è che, al giorno d’oggi, tutto venga misurato in base alla forza fisica e alle apparenze, che ci troviamo in un’era di cinismo e disillusione dove le sopracitate qualità vengono considerate alla stregua di una debolezza, quando invece tanti potrebbero farne un uso molto più ampio. Tale è la sua innocenza e purezza da ispirare negli animali della foresta una simpatia da far invidia a San Francesco, al punto che queste adorabili bestiole la aiutano in ogni momento e fanno fuoco e fiamme per cercare di impedire, insieme ai nani, che Biancaneve morda quella mela

Inoltre, Biancaneve è una lavoratrice infaticabile: appena arrivata nella casa dei sette nani, il suo primo pensiero è “Ok, se questi vedono una straniera in casa magari mi cacciano, quindi mi devo guadagnare il diritto di restare. Perciò ora mi metto a ripulire la casa da cima a fondo”. E lo fa di sua volontà, ben volentieri e con un’allegria che non gliela guasta nessuno, perché tanto, nelle sue condizioni, scacciata da palazzo con una matrigna (che casualmente è anche la regina) intenzionata a ucciderla, che altro le resta da fare? Alla faccia di molti che ho incontrato e che, invece, ogni minimo lavoretto lo maledice come una fatica di Sisifo.

Ma c’è anche qualcos’altro oltre la bontà d’animo e la gentilezza innate: Biancaneve si rivela infatti anche rigida e severa all’occorrenza. Basti pensare al modo in cui “persuade” i sette nani ad usare un po’ più di disciplina nella loro vita quotidiana, obbligandoli a lavarsi le mani -e anche altro- prima di far cena, con inedita inflessibilità.

E ora parliamo del suo difetto. Eh sì, perché Biancaneve un difetto ce l’ha, ed è una buona cosa, perché proprio questo la rende un personaggio più autentico, dato che nessuno nella vita reale è perfetto. Quindi, questo punto non è una critica. Il difetto di Biancaneve è che si fida di tutti: visto il suo carattere, tende a vedere del buono anche dove non ce n’è ed è incapace di concepire il male nelle cose e nelle persone. Proprio questo la spinge a credere alla povera vecchia vestita di nero che le offre una fantomatica “mela dei desideri”, pagandone lo scotto. Ovviamente è implicito che, alla fine della storia, abbia imparato la lezione.

Ultimo, ma non meno importante, il principe. Nella storia, inutile dirlo, non copre un ruolo importante fino a cinque minuti dalla fine, ed è di fatto non un personaggio, ma una svolta della trama, pura e semplice. In una fiaba tutto è allegoria e lui è la ricompensa finale per la bellezza interiore di Biancaneve (perché in fondo è questa la morale della fiaba, la differenza fra la gentilezza e la bontà di Biancaneve e la bellezza puramente esteriore della regina che ne maschera la mostruosità interiore): un premio più che meritato per le sue qualità positive dopo aver subito tante angherie e sopportato tante traversie. Pensate che alcuni hanno visto in quella celebre sequenza finale addirittura una metafora della morte di Biancaneve e la sua ascesa al paradiso (punto di vista interessante ma che non condivido).

Proprio questo costituisce un altro elemento discutibile della ricezione del personaggio e della fiaba di Biancaneve ai giorni nostri, ovvero la tendenza a ignorare l’approccio metaforico/allegorico di queste storie e leggere tutto in maniera superficiale. Certo, molte di queste fiabe sono semplici ed offrono semplici morali, ma non per questo sono meno valide nei loro insegnamenti o nei modelli che presentano nelle loro protagoniste, soprattutto nelle versioni disneyane che hanno ulteriormente sviluppato e approfondito le originali fonti d’ispirazione. E anche se alcuni vedono in queste operazioni degli snaturamenti o degli stravolgimenti che, di fatto, “rovinano” la fiaba d’origine, io preferisco vederci solo gli inevitabili effetti collaterali di cui qualsiasi adattamento su grande schermo di qualsiasi opera è vittima.

CURIOSITA’

  • Sviluppare il look e l’aspetto finale di Biancaneve fu un’impresa, non solo per trovare l’età giusta del personaggio, ma anche perché all’epoca tratteggiare figure umane convincenti era al limite dell’impossibile. I primi esperimenti al riguardo avvennero nella Silly Symphony “The Goddess of Spring”, del 1934, e Walt Disney fu talmente insoddisfatto del risultato da decidere che era il caso di far frequentare ai suoi animatori una serie di lezioni di anatomia per capire meglio la figura umana. Il risultato finale venne ottenuto dallo sforzo combinato di vari artisti, fra cui Joe Grant e Albert Hurter: il primo è una vera leggenda, l’unico ad aver lavorato sia ai classici dell’età d’oro che a quelli del Rinascimento degli anni ’90, fino a Mucche alla Riscossa; il secondo invece era un rinomato artista svizzero, famoso soprattutto per le sue illustrazioni di libri di fiabe, che di fatto impostò l’intero look non solo di “Biancaneve e i sette nani”, ma anche del successivo “Pinocchio” (1940).
  • Il personaggio venne supervisionato da Hamilton Luske (futuro co-regista di “Cenerentola”, “Alice nel paese delle Meraviglie”, “Peter Pan” e altri ancora) e Grim Natwick, creatore di Betty Boop. La sua voce originale, invece, appartiene all’allora quattordicenne Adriana Caselotti, figlia di cantanti d’opera: per l’occasione, Disney aveva deciso di limitarsi ad ascoltare le voci delle potenziali attrici, in modo da non farsi influenzare dai loro volti o dal fatto che fossero delle celebrità, e questo lo portò a rifiutare star del calibro di Deanna Durbin a favore della sconosciuta Caselotti, e solo perché la voce gli sembrava la più adatta.

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