Ben ritrovati Lettori Erranti, pochi giorni fa mi sono
imbattuta in una recensione di una ragazza che seguo su instagram. Avevo
parlato di quel libro durante un blog tour (qui), ed incuriosita, ho sentito che era
arrivato il momento di leggerlo. Quindi, eccomi qui a parlarvene.
Il romanzo che ho letto e di cui sto parlando è Cuore di
Tufo di Giuseppe Chiodi. Andiamo a scoprirne la trama e subito dopo il mio
parere…
Cuore di Tufo
di Giuseppe Chiodi
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Ossessione, superstizione e magia nera. È il vortice in cui
sprofonda Pietro Cimmino, il proprietario di un negozio di antiquariato, nel
tentativo di riprendersi sua moglie. La separazione l’ha fatto impazzire;
l’incontro con Dafne, studentessa beneventana, gli riaccende la fiducia in sé
stesso. Ma quella misteriosa ragazza scatena la gelosia della Bella ‘Mbriana, a
cui l’uomo è devoto. E quando la piccola Sonia, figlia di Pietro, viene
coinvolta dalle forze oscure scoperchiate dal padre, egli varca la linea che
separa la realtà dall’immaginazione, la città dal sottosuolo, per salvare lei e
sé stesso. Una fiaba dark fatta di riscatto e identità. C’è solo un
avvertimento di cui tener conto: non fidatevi del monacello.
LA MIA OPINIONE
Conclusa la lettura di Cuore di tufo, eccomi qui a scrivere
cosa ne penso. Sarà una recensione “difficile”, perché sono in contrasto con me
stessa sul parere di questo romanzo. Andiamo per gradi.
La copertina è perfetta! Un uomo, il protagonista Pietro, in
una galleria sotterranea, degli occhi luminosi si scorgono nell’oscurità di
quei tunnel. Racchiude perfettamente e in maniera esplicita una scena del
libro. Quindi, nulla da ridire.
Spostiamoci adesso sul contenuto. Iniziando la lettura mi
sono quasi subito fermata, con perplessità ho letto alcuni dialoghi e una canzone
in dialetto napoletano. Nessuna nota con traduzione o che spieghi alcuni
termini. Questo succede per tutto il romanzo. Essendo siciliana, ed avendo
amici campani, non è stato troppo difficile per me comprendere dialoghi e parole
in dialetto, ma, immedesimandomi in un lettore che non conosce il dialetto
napoletano, magari del nord, la lettura è sicuramente più difficile e lenta.
Questo è un punto a sfavore del libro. Una scelta assolutamente sbagliata.
Altro
punto a sfavore è la scelta della prima persona nella stesura del libro, che
secondo me, ha penalizzato molto la comprensione (almeno a primo impatto) di
diversi punti e dei personaggi (protagonisti e non, che non si riescono a
conoscere e comprendere bene). Una visione più ampia avrebbe regalato più emozioni. Forse anche per questo non sono riuscita a
farmi stare simpatico il protagonista, nonostante molti aspetti positivi, come
l’amore incondizionato per la figlia, la voglia di riscatto, il coraggio e la
forza di volontà. Non ho provato empatia nei confronti di Pietro, il nostro
protagonista . E ciò mi è dispiaciuto.
Il modo di scrivere dell’autore non mi ha convinta, come se
avesse tante idee e un po’ di confusione nel volerle esporre. C’è
dell’immaturità nello scrivere, ed è ciò che traspare da questo libro, ma il
potenziale è molto. Quindi, mi auguro di leggere presto nuove storie!
Cosa mi è piaciuto del libro? La trama: aver usato degli elementi delle leggende partenopee
inserite in un contesto moderno, e quindi, la conseguente scelta del luogo dove si svolge la storia (Napoli). Leggere della Mbriana, del monacello e della
janara mi hanno portata a fare ricerche su queste figure (di cui avevo letto
molto tempo fa). I colpi di scena, poi, sono tantissimi e mi hanno tenuta
incollata al libro.
E’ un libro che merita di essere letto se si ama l’urban
fantasy, ma si è stanchi dei soliti personaggi. Trama originale e protagonisti
insoliti che possono far appassionare al folklore partenopeo e magari portare
alla ricerca di altre figure, che spero di trovare nel prossimo libro
dell’autore.