“Grigliata per un cadavere” di Daniele Ossola

Amici Lettori,

vi presentiamo il libro GRIGLIATA PER UN CADAVERE di Daniele Ossola, un thriller pubblicato con Booksprint.

Buona lettura.

Recensione a cura di Vincenzo Calò

All’investigatore Dario Losa piaceva filosofeggiare, preso pure da fresche attitudini moderne, tipo il combattimento distinto dalla massa, quello di matrice orientale, in cui mente e fisico si coniugano… un principio indimenticabile vista una figura paterna profondamente seguace del Duce, da cui ereditò comunque un’assistente fedele, tale Gianna Frigerio, grande lavoratrice null’affatto evasiva, originaria della Brianza, sgarbata negli atteggiamenti seppur elegante nelle pose.

Un giorno però si presentò Marta Riondino, una donna in ansia per le sorti della sua ultimogenita, proveniente da Genova stando al parlato e che si comportava in una maniera tale da poterla inquadrare nel ceto mediamente borghese, avente poco o niente di che spartire con la Frigerio stranamente; forse essendo così bella tanto da reputarsi come la migliore ammaliatrice tra coloro che davano lavoro all’investigatore, convinto del resto che qualsiasi godimento volgesse all’immensità.

Una mano sulla coscienza pareva d’obbligo giacché Dario si sentisse invitato al recupero di un affetto incalcolabile, a costo cioè d’inguaiarsi seriamente… ma la cospicua entrata economica preventivata lo induceva a proseguire, tra i sospetti sulla Riondino che non voleva assolutamente coinvolgere polizia e carabinieri, abile guarda caso a premunirsi in possesso di armamenti, e… con un precedente penale derivante dal favoreggiamento alla prostituzione di cui si seppe dopo!

Ossola è capacissimo a riprodurre scrivendo una e più sequenze cinematografiche, raccogliendo e avvolgendo nelle tenebre delle isolate sorti, dalla faticosissima attribuzione per il protagonista, Dario Losa, dovendo egli avere a che fare con rivelazioni scottanti a getto continuo (e per giunta sotto la lente d’ingrandimento impugnata dalle forze dell’ordine, chissà perché), lungi da come si presentò quella donna; roba insomma da risolvere una vicenda diversa, mettendo in ballo attitudini sia fisiche che interiori non conciliabili sia nell’uno che nell’altro caso.

Della Vedova, il compagno della figlia della Riondino, si trovava ad attendere per le lunghe Losa cercando malamente di mantenere un tono di sfida prima di portarlo alla corte del suo impaziente padrone… questi si chiamava Marcantonio Bellagamba, e andava scrutato per delineare una situazione rinsaldando conoscenze di già sul medesimo, noto e rispettato a Milano per i profitti che traeva non proprio in linea di legalità, ma con un’autorevolezza evidente e senza destare arroganza, saggio nel gustare le sue prede dando adito falsamente al buonsenso… e del resto vatti a fidare dei biglietti di presentazione!

L’investigatore intanto decise di non battere più la testa contro quel muro che di solito le donne erigono mentalmente, mentre una tantum il giostratore della carne in casa Riondino badava con estrema scaltrezza affinché non gli sfuggissero dei pezzi variegati e succulenti dalla griglia, e non era altri che il marito (anzi, l’ex!), dall’aria un po’ desolata, pur attentissimo a ciò che faceva, come ad accantonare per sfoderare di botto il potere di una rivendicazione, senza preoccuparsi del luogo, né del motivo e tantomeno della persona alla quale indirizzarla.

La spregevolezza prevale sul pericolo nei toni e nei modi di fare, tanto d’avere l’impressione di non uscire da uno stato di passività, che al Losa gli si ripercuote nuovamente, seppur il primo passo inteso per reagire si coniuga alla sottigliezza di un tempo qual è quello della prevenzione, senza quindi volgere allo sfacelo; consapevole di stare seriamente in fallo, ch’era necessario riprendere solo ed esclusivamente il bandolo della matassa per non sprofondare nell’abisso dei sensi.

L’investigatore seguendo l’istinto avrebbe potuto uccidere chi gli metteva il bastone tra i piedi, se non fosse che riflettendo come un essere umano che si rispetti aveva deciso di distaccarcisi, armato giusto per salvarsi (abile comunque a sferrare colpi come una bestia indifferente e  indefessa), rimanendo diffidente nei confronti del guardiano di casa Riondino, che voleva vederci chiaro come lui, che pareva innocente anche se sarebbe stata poi un’impresa titanica testimoniare favorendolo, alla faccia di coloro che giocando d’astuzia gli avevano scaricato tutte le colpe del caso.

A Corelli, al guardiano, Losa gli aveva fatto oramai la cornice, indagando sui suoi precedenti fino a constatare un fisico scolpito all’inverosimile e una dedizione nel salvaguardare chi gli dava lavoro a dir poco lineare… erano gli altri a rimuginare sull’intraprendenza del protagonista in positivo di questo thriller, senza immaginare la purezza dovuta dall’ingenuità, ch’è tipica di tutti quelli che provano a risolvere qualcosa tra la vita e la morte.

L’autore incuriosisce con svariate figure a prova d’umanità che si scambiano il posto, che implicano altrettante storie che s’intersecano, adoperando una verve confidenziale nella scrittura, uno slang fedele alle radici semiborghesi d’individui inventati, che alla fine del secondo conflitto mondiale colsero certe occasioni di rilancio che si sono rivelate poi discutibili; roba d’essere riusciti a primeggiare, specie economicamente, in una Milano da rimediare sempre, ma chissà se civilmente.


GRIGLIATA PER UN CADAVERE
di Daniele Ossola
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È la vicenda dell’investigatore privato Dario Losa il quale, in una Milano fine anni ’50 che è alle prese sia con un affannoso ritorno alla normalità che con uno sviluppo post-bellico, si trova alle prese con la complicata soluzione di un delitto. L’ufficio dell’investigatore è ridotto all’osso: lui e la fedele segretaria ereditata, assieme all’attività investigativa, dal padre defunto. Lo standard del suo operare, di conseguenza, è quello di affrontare i casi, possibilmente non complessi, uno per volta. La cliente protagonista, che si affida a Dario Losa, è Marta Riondino una bella ed elegante signora arricchitasi, in modo sempre al limite della legalità, con una prestigiosa e conosciuta casa di tolleranza (frequentata dall’alta borghesia milanese) situata nelle vicinanze dell’Idroscalo, prima dell’avvento della Legge Merlin. Marta, separata, ha due figlie delle quali una, di nome Chiara, si è invaghita di Luca, un giovane apparentemente benestante, che viaggia in spider (niente di male) ma con armi a bordo (qui nasce il problema). La signora si rivolge all’investigatore privato per far pedinare Luca perché, da navigata ex-maitresse, non vuole avere a che fare con le forze dell’ordine istituzionali onde evitare di rispolverare il suo non fulgido passato. Il pedinamento di Dario Losa, nei confronti del giovane, porta a un intreccio di vicende che culminano prima con la scoperta di un cadavere (più o meno ipotizzato) e poi di un altro (inaspettato). Nella vicenda si alternano diversi personaggi. Ci sono, pertanto, più trame correlate, dove viene usato un tono colloquiale poiché i vari personaggi provengono da ceti medio-bassi, anche se le vicende post-belliche li hanno arricchiti e hanno consentito loro di ascendere la scala sociale milanese.

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