Amici Sognatori,
con immenso piacere oggi diamo spazio ad una nuova pubblicazione supportata dal collettivo degli Scrittori della Porta Accanto: parliamo del libro umoristico CONFESSIONI DI UNA #BADMUM scritto da Elena Genero Santoro.
Scopriamolo insieme!

di Elena Genero Santoro
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Cosa deve fare una madre per essere considerata una #goodmum con tutti i sacri crismi? Allattare fino allo svenimento e fino a perdere i capelli. Abituare il proprio Neonato all’indipendenza facendolo dormire sempre nella sua culla. Usare con i Signori Figli un tono fermo ma gentile e non alzare mai la voce. Al mattino svegliarli con estrema dolcezza per accompagnarli puntuali a scuola. Scegliere gli istituti scolastici con i programmi formativi migliori. E tante altre cose che i manuali di pedagogia elencano e che io mi guardo bene dal mettere in pratica. Perché io sono una #badmum e queste sono le mie #confessioni. Che restino tra noi e tra quelli che seguono la mia rubrica su Facebook.
Estratto 1
In fondo tra loro non è iniziata malissimo. Figlia aveva due anni e tre mesi quando rimasi incinta. La cambiavo ancora sul fasciatoio e lei aveva la tenera abitudine di riempirmi la pancia di calci. Le dissi: «No, che nella pancia della mamma c’è un bimbo piccolo come un chicco di riso, che deve crescere».
E così seppe della mia gravidanza. Non so esattamente cosa capì in quel momento, però smise e mai più mi diede un colpo nel ventre.
Quando Figlio venne al mondo, con un cesareo programmato, Figlia mi raggiunse in ospedale alla sera. Concesse al fratellino una fugace occhiata nella culla e poi pretese di essere presa in braccio, cosa che non potevo fare, dato che ero lì, ricucita come uno zampone. Realizzato che il neonato le aveva già tolto un benefit, non lo degnò di altre attenzioni. Fu poi a casa che iniziò a sbirciare nel lettino, a vedere come rapportarsi con quel bestiolino che tanto non potevamo riportare indietro – su questo punto ero stata chiarissima.
Io, da buona #badmum, l’avevo messa in guardia da subito perché non si illudesse: «Il fratellino, quando nascerà, non saprà fare niente. Solo piangere, dormire, mangiare, fare pipì, cacca e ruttini. Gli puzzeranno anche i piedi. Fine. Rassegnati».
Si rassegnò e non pretese nulla da lui per molto tempo. Lo soppesava come un povero imbecille incapace di fare alcunché. Seguì il classico periodo di amore odio, dove a slanci e gesti eclatanti di affetto – come cullarlo nell’ovetto mentre mi preparavo per uscire, abbracciarlo, baciarlo – seguivano dichiarazioni di guerra. Carezze e mazzate. Carota e bastone. Però non ha mai incendiato la culla, quindi mi ritengo soddisfatta.
Se il piccolo avesse potuto cantare in quel momento avrebbe intonato:
#badmum
XX mese alle ore hh:mm
Sai, mia sorella è strana
Un po’ mi odia un po’ mi ama
Cambia idea, continuamente
Senza serietà
Come fosse niente
Sai, mia sorella è matta
Ogni giorno mi bistratta
Poi mi abbraccia teneramente
Senza serietà
Come fosse niente
Estratto 2
Verificato che avere una figlia femmina non era una tragedia, alla fine ci avevo persino preso gusto, tanto da accantonare completamente il sogno del figlio maschio e sperare di dare alla luce una seconda bambina.
Ero incinta da pochissimo e sognai che l’embrione fosse già nato e che fosse una femminuccia di nome Nicole. Mi svegliai. Lo raccontai a Marito, che commentò: «Nicole? Bello, mi piace». Restammo a fantasticare sulla nostra Nicole in arrivo. E infatti nacque Daniele, un bel maschione di quasi quattro chili.
Estratto 3
Figlio in quel periodo era appassionato del Titanic, si era studiato a menadito tutte le fasi dell’affondamento e aveva espresso il desiderio di diventare ingegnere navale per progettare il Titanic II che non affondasse più. Stava per approcciarsi alla prima elementare quando mi ritrovai a bazzicare su internet per capire quale fosse il migliore Politecnico italiano che preparasse ingegneri navali. Se la giocavano Genova e La Spezia.
La questione fu (momentaneamente) accantonata quando Figlio dovette smettere di disegnare Titanic e, volente o nolente, destreggiarsi con l’ABC.
L’Autrice
Elena Genero Santoro è nata nel 1975 a Torino, dove attualmente risiede con il marito e i figli. Lavora nel dipartimento di ingegneria dei materiali di una nota casa automobilistica.
Scrive editoriali e recensioni di libri e film per il sito “Gli Scrittori della Porta Accanto”, di cui è co-fondatrice.
Il suo primo romanzo, “Perché ne sono innamorata”, edito da Montag, è uscito nel 2013. Sono seguiti “L’occasione di una vita” (Lettere Animate), “Immagina di aver sognato” e “Diventa realtà” (PubGold), “Ovunque per te” e “L’ultima risata” (Policromia), “Claire nella tempesta” e “Stanotte o mai” (Leucotea). “Un errore di gioventù”, “Gli Angeli del Bar di Fronte” e “Il tesoro dentro” sono usciti in prima edizione tra il 2014 e il 2016 con 0111 Edizioni e ora sono stati ripubblicati con Gli Scrittori della Porta Accanto.