Fantasmi d’Italia – Intervista a Debora Parisi

a cura di Isabella Cavallari

Amici Lettori,
ospitiamo oggi una seconda tappa del tour dedicato all’antologia di racconti FANTASMI d’ITALIA pubblicata da NPS Edizioni: qui trovate quella precedente, dedicata a Maria Pia Michelini, mentre oggi daremo spazio ad un’altra scrittrice che ha contribuito alla raccolta con un racconto.

Siete pronti per scoprire insieme a noi il racconto di Debora Parisi?

Buona lettura!


  • Com’è nato il tuo racconto? Di cosa parla?

Sono sempre stata affascinata dalle leggende piemontesi, in particolare quelle di Torino, e ho pensato che il fantasma di Palazzo Barolo fosse perfetta per rappresentare una situazione tragica. La storia narra una persona che per gli ultimi anni della sua vita e anche in quelli nell’aldilà crede di essere colpevole di una situazione dove in realtà non ha colpa. In questo racconto il male viene dall’esterno, non all’interno protagonista. Ci sono tematiche delicate come l’abuso psicologico dovuto alla manipolazione emotiva.

  • Quali fantasmi o creature fantastiche conosceremo?

La protagonista della storia è Elena Matilde Provana di Druento, personaggio storico che soffrì a causa degli abusi della famiglia, in particolare del padre, e morì suicida buttandosi dalla finestra. A Torino è conosciuta come il fantasma di Palazzo Barolo.

  • Dove è ambientato il racconto? Perché questa scelta?

Durante la vita della protagonista, l’ambientazione è situata a Palazzo Barolo, quando lei muore, è ambientata in un limbo che è una versione spettrale del Palazzo. L’edificio è sempre stato segnato dalla leggenda della triste Elena e ho pensato che fosse un luogo interessante per narrare la vita di una donna vittima delle leggi dell’epoca.

  • Un breve estratto dal racconto.

   Passarono tre giorni dalla mia prigionia e mi sentivo come un animale in gabbia. Le pareti si strinsero, simili a un serpente che s’avvolgeva attorno al mio corpo, togliendomi il respiro. Urlai con tutto il fiato, travolgendo la porta con la rabbia. Afferrai la maniglia e la tirai con forza.

«Aprite, brutti mostri!» tuonai, ma nessuno rispose. M’accasciai al suolo, picchiando il pavimento. Mi avevano tolto mio marito, i miei figli, la mia felicità. Perché, padre? Perché? Un vuoto mi consumava l’anima, mentre rivedevo i loro volti. Come sarebbero vissuti senza la loro madre? Perché Gabriele non aveva protestato?

Una fitta mi lacerò il petto, ogni respiro pareva una pugnalata. Gridai, come se il fuoco dell’inferno mi stesse divorando. Mostri. Tutti mostri. Era finita, la mia vita era rovinata. Mi alzai, appoggiandomi alla parete. Non sentii neanche il sangue colarmi dalle nocche, non era nulla rispetto alla mia anima lacerata. Li avrei odiati finché fossi stata in vita. Singhiozzante, barcollai fino al letto, gettandomi sulle coperte di seta. Le mie forze erano state prosciugate e non riuscivo neanche a muovermi.

Il mio sguardo rimase fermo sulla porta.

  • Indicate una canzone, da ascoltare come colonna sonora al racconto, o un’immagine (di qualunque tipo, foto, quadri ecc) da abbinare.

    Una canzone che consiglierei è Ballad of the Ghost dei Black Casino and The Ghost. È una canzone malinconica che rappresenta bene la situazione della protagonista, soprattutto la sua solitudine.

Ma anche le musiche Ghost Dance di Kevin Mcleod per quanto riguarda la lotta finale e Ghost Story, sempre di Kevin, per quanto riguarda la sua “altra vita” nel limbo.

Biografia Debora Parisi

Studentessa universitaria di giorno e cacciatrice di leggende e mitologie di notte. Oltre ad aver pubblicato racconti con NPS Edizioni, ha scritto storie per antologie delle case editrici Historica Edizioni, Fanucci e Saga Edizioni, e per la rivista LetteraturaHorror.it.

Gestisce un blog chiamato El micio racconta, un canale youtube intitolato Antro del Drago, che tratta principalmente di libri e folklore. Collabora con la rivista Upside Down Magazine e con il progetto Leggendando. Ha collaborato anche con Sci-Fi Pop Culture, Porto intergalattico e Spazio Penultima Frontiera.

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