The Other Side of Disney #6 – Jasmine

Lettori Adorati,

molte cose stanno accadendo dietro le quinte del sito ed è per questo che ancora siamo in fase di organizzazione: siamo felici, però, di poter passare la parola al nostro P.A. Ferretti che oggi ci accompagna in oriente, tra colori e spezie, per farci conoscere la principessa JASMINE.

Buona lettura!

Articolo a cura di P.A. Ferretti

Ed eccoci a un’altra puntata sulle principesse Disney.

L’articolo di oggi viene dritto dalle notti d’oriente, dalla splendida Agrabah.

Jasmine

In apparenza potrebbe essere un po’ difficile parlare di Jasmine in maniera interessante, cioè senza ripetersi, visto che gran parte delle sue caratteristiche sembra riprenderle pari pari da principesse precedenti: stare qui ad elencarle mi dà l’impressione di essere un 45 giri incastrato in un loop, ma per chi gradisce un po’ di chiarezza, sto parlando della capacità di agire, dell’attitudine ribelle e indipendente, della frustrazione della propria condizione di vita e il desiderio di qualcosa di più, l’intelligenza, la furbizia e così via.

Tuttavia, anche qui ci sono non solo dettagli capaci di conferire a queste caratteristiche una loro unica specificità e, in generale, certi aspetti già introdotti in precedenza che vengono ulteriormente portati avanti; a ben guardare, Jasmine può vantare alcuni primati nella rappresentazione delle principesse, e delle eroine Disney in generale.

Andiamo a scavare un po’ più a fondo.

Come già abbiamo visto spesso negli ultimi articoli, la frustrazione e il senso di ribellione nascono dalle restrizioni imposte dall’ambiente in cui le principesse si trovano: Ariel subiva il costante divieto da parte del padre di visitare la superficie, alimentando così la sua curiosità per il mondo degli umani; Belle aveva trascorso tutta la vita in un appartato paesino francese divenendo così sempre più desiderosa di vedere non solo altri posti, ma anche altre persone che non condividessero la mentalità retrograda e conservatrice dei suoi concittadini.

Nel caso di Jasmine, lei ha trascorso una vita intera all’interno delle mura del palazzo, presumibilmente le è sempre stato proibito di uscire, al punto che neanche sa come sia il mondo di fuori, come lei stessa dice al Sultano.

Prova ne sia che, al mercato, senza pensarci due volte da a un ragazzo di strada una mela da una bancarella senza pagare, come se desse per scontato che nessuno paga niente da nessuna parte, o che, in quanto principessa, lei è esentata da questo obbligo ovunque vada.

Quindi, in questo caso il suo tentativo di fuga, mescolandosi alla folla per vedere in prima persona la vita fuori da palazzo, si può leggere non solo come un mero atto di sottrarsi a tradizioni e abitudini soffocanti, ma anche come una presa di consapevolezza di quanto quelle stesse abitudini minaccino di renderla un individuo psicologicamente “monco”, e dunque un tentativo di ovviare alle mancanze che inevitabilmente ne deriveranno. 

Come già accennato con Aurora, anche Jasmine è una di quelle principesse pronte a rifiutare la propria condizione regale in cambio di una vita che le garantisca la libertà che desidera. Certo, è vero che gran parte di ciò si riduce al rifiuto di un matrimonio combinato con principi che si rivelano tutti arroganti e spocchiosi; ed è anche vero che, una volta trovato l’uomo giusto, il resto si risolve da sé, anche grazie al provvidenziale intervento del Sultano che decide di modificare le leggi in modo da concederle maggiore autonomia.

Ma questo si ricollega al punto precedente: non è che Jasmine non vuole essere una principessa e basta; piuttosto, non vuole essere una principessa alle sue attuali condizioni, praticamente prigioniera di uno stile di vita dove le è impossibile compiere le proprie scelte (cosa che, in ogni caso, corrisponde in toto alle norme sociali dell’epoca), talmente isolata che la sua unica amica e compagnia è una tigre.

Aggiungeteci inoltre la costante presenza di un viscido come Jafar ogni singolo giorno dell’anno: come darle torto? Bisogna notare comunque che, paradossalmente, con la progressiva emancipazione delle principesse Disney, si ha anche un maggiore distacco dall’essenza della fiaba e una maggiore “commercializzazione”: sebbene in passato le principesse fossero più passive e remissive, ciò era in conformità con le norme della società di cui facevano parte, un aspetto che implicitamente veniva più o meno accennato.

Veniva mostrato come, in simili ambienti, la ribellione fisica fosse impossibile, e che qualunque ricompensa finale alle qualità individuali fosse da leggere in chiave puramente allegorica.

Adesso, l’allegoria ha ceduto il passo a un approccio più ottimista, in uno stile, ammettiamolo, molto hollywoodiano: adesso, l’atto di ribellione fisica non solo ha successo, ma finisce anche per cambiare il mondo circostante: alla fine del film, il Sultano decide di abolire la legge del matrimonio per forza e stabilisce che “da adesso in poi la principessa potrà sposare chiunque ella riterrà degno della sua mano”.

Una dinamica spesso non rispecchiata dalla realtà, ma che ci piace credere possa succedere davvero: è ciò che, in un mondo ideale, dovrebbe accadere e vorremmo accadesse, perché rappresenta la realizzazione di un ideale positivo cui tutti noi aspiriamo. L’allegoria della fiaba ha ceduto il posto a un sogno a occhi aperti; dal “è così, da un certo punto di vista” siamo arrivati a un “facciamo finta che sia, anche se non è”.

Se si tratta di un cambiamento positivo o negativo, lo lascio giudicare voi.

L’elemento più importante, comunque, rappresenta l’etnia: essendo la storia ambientata nel medio oriente, e avendo Jasmine un aspetto di chiara ispirazione araba, ciò la rende la prima principessa Disney “non bianca” del canone Disney, costituendo dunque un primo, grande passo in direzione di una maggiore inclusività che al giorno d’oggi è diventata praticamente la norma.

E’ anche interessante notare che, contrariamente a tutte le altre principesse, Jasmine è l’unica ad essere una co-protagonista nel suo stesso film (anche se ciò è opinabile, considerato che il titolo del film è “Aladdin” e non “Jasmine”, dunque non c’è nulla di strano), e l’unica per la quale il matrimonio finale vede i ruoli invertiti: mentre in altri casi è la protagonista a sposare un principe e diventare così principessa, stavolta è la principessa Jasmine a sposare un uomo che non è un principe, ma di umili origini.

Alcuni, forse, vedranno in questa convergenza di elementi una scelta calcolata, ma è più logico supporre che sia stata una cosa accidentale, venuta fuori in maniera naturale nel corso della produzione del film visto il materiale di partenza.

Un altro punto che è doveroso analizzare riguarda la sessualità.

Jasmine è la prima principessa Disney in assoluto dotata di una certa consapevolezza della propria sensualità e sessualità, un aspetto che in più di un’occasione utilizza a proprio vantaggio contro gli uomini che cercano di approfittare di lei: nella scena con Aladdin sul balcone la vediamo flirtare (o comunque far finta di flirtare) con il protagonista, e sul finale, sfrutta l’ossessione di Jafar nei suoi confronti per distrarlo.

In effetti, è interessante come Jafar sia il primo cattivo Disney ad esprimere una certa qual fissazione per Jasmine che va oltre il possesso e rientra senz’altro nella sfera carnale.

Come nota a margine, Jasmine è anche la prima principessa Disney a possedere delle spiccate doti atletiche, nel caso specifico il salto con l’asta e una categoria popolarissima nel cinema d’avventura: il salto dall’alto con zero contraccolpo all’atterraggio.

Sebbene nessuna di queste due capacità le sia molto utile, nel corso della storia, né giochi un ruolo molto importante.

Insomma, una figura che riconferma molte delle caratteristiche già impostate dalle principesse precedenti, ma allo stesso tempo promotrice di un nuovo modo non solo di ideare le loro figure, ma anche di raccontare le fiabe, un modo figlio della mentalità favolistica hollywoodiana che aveva iniziato a imporsi già a partire dai primi anni ’80.

CURIOSITA’

  • Fu ancora una volta Mark Henn a supervisionare l’animazione di Jasmine: è noto che un animatore deve guardare al mondo reale per prendere l’ispirazione per il suo lavoro, ma Henn andò oltre. Inizialmente soffrì di un estremo caso di “blocco dell’artista”, ma alla fine arrivò a usare come “modello” per la principessa la sua stessa sorella Beth.
  • Jasmine è la prima principessa Disney ad avere due voci diverse nella versione originale (un fenomeno di gran lunga più comune in italiano): Linda Larkin per la parte parlata, Lea Selonga per la parte cantata.

Nelle puntate precedenti…

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